Risponde del reato di cui all’art. 590 c.p.l’utilizzatore di una snowboard che investa un altro sciatore procurandogli lesioni, poichè all’attività dello sci non è applicabile la disciplina del rischio consentito, che può evocarsi solo nel caso di eventi lesivi cagionati durante una competizione sportiva, che implichi l’uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari, da considerarsi penalmente irrilevanti ove avvengano in costanza di condotta agonistica pienamente rispettosa delle regole di gioco, rientrando in tal caso nel paradigma coperto dalla scriminante “atipica” dell’attività sportiva. [AA]
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente -
Dott. PICCIALLI Patrizia – rel. Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere -
Dott. TANGA Antonio Leonar – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Z.M., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 13/2014 TRIBUNALE di AVEZZANO, del 23/02/2015;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/03/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Spinaci Sante, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. Palombo Giovanna, del foro di Rieti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Z.M. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 590 c.p., con riferimento alle lesioni colposamente provocate, impegnando una pista di sci con il proprio snow-board, alla sciatrice V.V..
Ciò che, secondo la ricostruzione operata convergentemente dai giudici di primo e secondo grado, si era verificato in quanto lo Z., nella sua posizione favorita di sciatore “a monte”, tra l’altro utilizzando un mezzo particolarmente veloce, non si avvedeva della sciatrice che procedeva a valle, impegnandosi in una improvvisa manovra da sinistra a destra, sì da collidere con la sciatrice, cui provocava lesioni personali giudicate guaribili in gg. 40.
L’addebito era ricostruito valorizzando sia le dichiarazioni della persona offesa, sia quelle pienamente confermative di un maestro di sci, presente al momento del fatto, cui del resto l’imputato aveva fornito i propri dati identificativi.
Le doglianze riguardano, in primo luogo, l’ipotizzata incompetenza per materia del giudice di pace, sul rilievo che l’infortunio dovesse qualificarsi come caratterizzato da colpa professionale e che, quindi, in ragione dell’entità delle lesioni, fosse di competenza del giudice ordinario cfr. D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 4, comma 1, lett. a),.
Poi si censura il giudizio di responsabilità sostenendo che il fatto dovesse ritenersi scriminato in ragione del c.d. “rischio consentito” dallo svolgimento dell’attività agonistica: sostenendosi a supporto che la sciatrice, nell’impegnarsi nella discesa, avrebbe accettato il rischio, connaturale all’attività sportiva dello sci, di urtare o essere urtati da altri utenti della pista.
Motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato.
Vale osservare in rito l’improprietà della questione di competenza, che non risulta neppure essere stata posta in precedenza, ove si consideri che qui non si verte certamente in ipotesi di responsabilità professionale, giacchè il proprium di tale colpa – chiaramente qui inconferente – è rappresentato dall’avere l’agente commesso il fatto nello svolgimento di una professione disciplinata da leggi, regolamenti, discipline. E’ situazione non invocabile per lo svolgimento di una attività ludica quale quella di che trattasi.
Improprio è anche il richiamo alla disciplina del rischio consentito, che può evocarsi solo nel caso di eventi lesivi cagionati durante una competizione sportiva, che implichi l’uso della forza fisica e il contrasto anche duro tra avversari: in tali contesti, in effetti, tali eventi sarebbero da considerare penalmente irrilevanti ove avvengano in costanza di condotta agonistica pienamente rispettosa delle regole di gioco, rientrando in tal caso nel cosiddetto “rischio consentito”, coperto dalla scriminante “atipica” dell’attività sportiva.
E’ però contesto non evocabile relativamente allo sci, attività sportiva rispetto alla quale non può certo condividersi la tesi del ricorrente che si tratti di una attività in cui lo sciatore che impegni una pista si trovi a dover accettare il rischio dell’investimento da parte di altri.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile in questo giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese in favore della parte civile V.V., che liquida in Euro 2.300,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2016