Il medico sportivo condannato per fatti concernenti il doping può essere iscritto nel registro dei provvedimenti del Tribunale Antidoping del CONI ancorchè non tesserato con federazioni nazionali [T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, 20 aprile 2016 n. 4575]

E’ legittima, avendo natura meramente ricognitiva e non provvedimentale, l’iscrizione del medico specializzato in medicina dello sport, ancorchè non tesserato con alcuna federazione nazionale, nel registro dei provvedimenti assunti dal Tribunale Antidoping del C.O.N.I., che reca appunto l’elenco dei soggetti sanzionati o ai quali è comunque inibita ogni attività che coinvolga atleti. [AA]


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 472 del 2013, proposto da M.F., rappresentato e difeso dall’avv. Dario Bolognesi, presso il cui studio in Roma, Via Giuseppe Gioacchino Belli, n. 60 elettivamente domicilia;

contro

F.C. in persona del legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall’avv. Nuri Venturelli presso il cui studio in Roma p.zza Apollodoro, n. 26 domicilia;
Coni – Comitato Olimpico Nazionale Italiano in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti presso il cui studio in Roma, Via G Pisanelli, n. 2 domicilia;

per l’annullamento

della nota n. 792/2012 in data 17 ottobre 2012 con cui il CONI comunicava al ricorrente a seguito di formale istanza di accesso ai documenti che risultava iscritto negli elenchi dei soggetti sottoposti a sanzione disciplinare ritenendo attuali ed efficaci sia la decisione n. 8 del 13 febbraio 2002 resa dalla Commissione di disciplina presso la Commissione Federale Nazionale sia la decisione n. 7 resa dalla Commissione di Appello Federale della F.C. del 22 marzo 2002 con la quale è stato respinto l’appello proposto dal ricorrente avverso la predetta decisione della Commissione Disciplinare Federale Nazionale;
della decisione n. 8 resa dalla Commissione Disciplinare Federale Nazionale in data 13 febbraio 2002 di cui al comunicato ufficiale del 13 febbraio 2002, n. 2 con cui veniva dichiarata la responsabilità del ricorrente, quale soggetto non tesserato per la violazione dell’art. 158 del regolamento Antidoping e pertanto gli veniva inflitta la sanzione sportiva dell’inibizione sia da ogni ulteriore e futuro tesseramento alla F.C. nazionale ed Internazionale sia dalla partecipazione a gare ed eventi sportivi organizzati dalla F.C.I. in campo nazionale ed internazionale, nonché impendendo a tutti i soggetti tesserati per l’UCI di utilizzare le consulenze e comunque le prestazioni professionali dello stesso;
della decisione n. 7 resa dalla Commissione d’Appello Federale della F.C. all’esito della riunione del giorno 22 marzo 2002 il cui testo è stato comunicato mediante lettura del dispositivo successivamente inviata a mezzo fax in data 27 marzo 2002 con la quale è stato respinto l’appello proposto dal ricorrente avverso la predetta decisione della Commissione Disciplinare Federale Nazionale, ove occorrer possa dell’art. 158 del previgente Regolamento Antidoping UCI e di ogni altro atto, connesso, presupposto e consequenziale;

e per la condanna

dell’amministrazione resistente al risarcimento di tutti i danni patiti da quantificare;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di F.C. – Fci e di Coni – Comitato Olimpico Nazionale Italiano;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2015 la dott.ssa Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato al CONI ed alla F.C. in data 20 dicembre 2012 e depositato il successivo 17 gennaio 2013, espone il ricorrente di essere medico specializzato in medicina dello sport da sempre impegnato nella consulenza e preparazione atletica e che a seguito di una vicenda penale avviata nel 1997 egli veniva deferito alla Commissione Disciplinare Federale presso la FCI che, con decisione n. 8/02 del 13 febbraio 2002, applicava la sanzione disciplinare della inibizione del ricorrente da ogni futuro tesseramento presso una qualunque F.C. nazionale ed internazionale.

L’appello proposto dall’interessato in data 4 marzo 2002 veniva respinto perché inammissibile, in quanto tardivo.

Espone che in data 1 ottobre 2004 il Tribunale Penale di Bologna pronunciava sentenza n. 1718 depositata il 27 dicembre 2004.

In data 17 settembre 2012 a seguito della decisione disciplinare emessa nei confronti di un atleta della FCI il ricorrente veniva a sapere che la sanzione applicata nei suoi confronti aveva efficacia anche nei confronti dei terzi che avevano intrattenuto rapporti con lo stesso.

Il ricorrente dunque proponeva istanza di accesso sia al CONI sia alla FCI e a seguito delle risposte veniva in possesso del provvedimento di inclusione nell’elenco dei sanzionati in base al regolamento Antidoping avverso il quale, premesse alcune note sulla giurisdizione deduce: 1) Difetto assoluto di giurisdizione, eccesso di potere per falsa applicazione dell’art. 2 comma 2 lett. b) della L. n. 280 del 2003; violazione del principio di effettività della tutela; 2) Difetto di legittimazione passiva e violazione dell’art. 653 c.p.p.; 3) Eccesso di potere, violazione e falsa interpretazione dell’art. 158 del previgente regolamento antidoping dell’UCI, con conseguente inefficacia della sanzione disciplinare irrogata quale l’inibizione; 4) Violazione degli articoli 25, comma 2 Cost e 2 c.p., dell’art. 5 comma 1 del regolamento della FCI del 2001; eccesso di potere per illogicità e falsa applicazione della sanzione disciplinare emessa, eccesso di potere per ingiustizia manifesta; 5) Eccesso di potere e violazione del principio di pubblicità e di trasparenza dei provvedimenti amministrativi a carattere sanzionatorio; 6) Violazione e falsa applicazione degli articoli 25 e 27 Cost., della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ratificata dall’Italia con L. 4 agosto 1955, n. 848, nonché di ogni altra norma e principio in materia di diritto sanzionatorio eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza.
Conclude con istanza risarcitoria, che articola secondo varie poste che quantifica in memoria per l’udienza odierna riferendosi alla consulenza depositata al n. 15 dei documenti prodotti in atti, e chiede l’accoglimento del ricorso con declaratoria del difetto di giurisdizione degli organi della giustizia sportiva.

3. Si sono costituiti in giudizio sia la F.C. sia il CONI eccependo numerosi profili di inammissibilità del ricorso e rassegnando conclusioni opposte a quelle del ricorrente.

4. Previo scambio di ulteriori memorie tra le parti il ricorso è stato trattenuto in decisione alle Camere di Consiglio del 3 novembre 2015 e del 26 gennaio 2016.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è in parte inammissibile in parte va respinto come nel prosieguo verrà illustrato.

Con esso l’interessato, medico specializzato in medicina dello sport non tesserato ad alcuna Federazione Nazionale, né ad alcuna F.N. dal 1994, espone che nel 1997 veniva iscritto in un procedimento penale dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna per i seguenti reati come riportati nell’epigrafe della sentenza penale depositata nel 2004:
“B1) art. 348 c.p. in quanto il ricorrente approvvigionandosi in modo generalizzato di farmaci finalizzati ad ottimizzare le prestazioni di atleti dalla Farmacia G. e fornendoli fuori dalla farmacia, direttamente ai propri clienti operava in modo abusivo la professione di farmacista…;
B2) art. 445 perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso il ricorrente in qualità di medico sportivo prescrivente – unitamente al farmacista G M. di Bologna – concorrevano a somministrare sostanze e prodotti farmaceutici in modo pericoloso per la salute degli atleti praticanti diverse discipline sportive…;
B3) reato previsto dagli articoli 6, co. 1, 23 co. 2 D.Lgs. 29 maggio 1991, n. 178 perché in assenza della prescritta autorizzazione ministeriale importava dall’estero le specialità medicinali denominate…;
B4) reato di cui all’ art. 23, co. 3 D.Lgs. 29 maggio 1991, n. 178 per avere nella qualità indicata e condotta di cui al precedente capo B3, messo in commercio specialità medicinali estere per le quali non era stata richiesta l’autorizzazione ministeriale;
B5) reato ex art. 444 c.p. perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso. Distribuiva per il consumo di pasticche di animine acquisite dal dr. G., pericolose per la salute dell’assuntore in quanto contenenti densità di caffeine pari a 3,5 caffè espressi ciascuna che venivano assunte in modo aggiuntivo rispetto alla normale prassi alimentare del consumatore e senza esigenze terapeutiche;
B6) reato di cui all’ art. 1 L. 13 dicembre 1989, n. 401 perché con le condotte meglio descritte nelle contestazioni già notificate al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento delle competizioni sportive, concorreva con il G.M. a far somministrare ed a somministrare agli atleti partecipanti farmaci e sostanze ad azione dopante.”.

Durante lo svolgimento del procedimento penale in data 23 dicembre 1999 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna trasmetteva alla Procura antidoping del CONI atti di indagine compiuti nell’ambito del procedimento penale.
Previa istruttoria la ridetta Procura Antidoping assumeva la decisione del 13 febbraio 2002 n. 8 con la quale:
- vietava ogni futuro ed ulteriore tesseramento presso qualunque Federazione sportiva ciclistica internazionale e nazionale;
- interdiceva al ricorrente di partecipare a gare od eventi sportivi di altro tipo organizzato dai predetti organismi;
- per le Federazioni Club o altro soggetto tesserato per l’UCI di servirsi della collaborazione del ricorrente.

Il ricorrente appellava la decisione presso la Corte di Appello Federale che, con decisione 22 marzo 2002, decretava la inammissibilità dell’atto di impugnazione per decorrenza dei termini.

Intanto il Tribunale di Bologna si pronunciava con sentenza n. 1718 depositata il 27 dicembre 2004, dichiarando il ricorrente responsabile dei reati indicati sotto i punti B1 e B6 con correlata condanna alla pena ad anni uno di reclusione ed Euro 900,00 di multa, ed assolvendolo perché il fatto non sussiste per i reati previsti ai punti B2), B3), B4) e B5).

Essendo venuto a sapere da notizia di giornale che la sanzione dell’inibizione era ritenuta dalla F.C. ancora operante, con istanza del 2 ottobre 2012 richiedeva alla FCI ed al CONI di prendere visione ed estrarre copia degli atti inerenti al procedimento disciplinare che riceveva in data 15 ottobre 2012 ed avverso i quali dunque produce il ricorso in epigrafe formulando sostanzialmente due domande:
- la prima di annullamento della comunicazione che fa riferimento ai provvedimenti irrogatigli sin dal lontano 2002;
- la seconda di risarcimento del danno.

2. Sia il CONI sia la FCI costituitesi in giudizio hanno formulato numerose eccezioni, tra le quali una in particolare merita di essere esaminata, atteso che finisce per ricadere in termini di inammissibilità di una delle domande di ricorso.

Gli Enti ed in particolare il CONI, hanno sostenuto che il ricorso è tardivo perché in realtà il ricorrente conosceva l’esito del procedimento disciplinare sin dal 2002, quando la Commissione Disciplinare Federale presso la F.C., adottata la decisione in data 22 febbraio 2002 con cui l’interessato veniva ritenuto responsabile di attività di doping, e la Commissione di Appello Federale, adottata la decisione di appello del 22 marzo 2002 di inammissibilità del ricorso, avevano proceduto quanto meno a comunicare all’interessato le due decisioni la prima con FAX del 17 febbraio 2002 e la seconda con FAX del 27 marzo 2002 reinviato in data 5 aprile 2002.

Il CONI poi contesta pure la natura provvedimentale della iscrizione del ricorrente nel registro di provvedimenti assunti dal Tribunale antidoping C.O.N.I. che reca appunto l’elenco dei soggetti sanzionati o ai quali è comunque inibita ogni attività che coinvolga atleti, rappresentando che esso costituisce esclusivamente uno strumento di raccolta delle informazioni fornite dalle Federazioni Sportive Nazionali.

Sotto questo profilo l’eccezione va accolta.

Infatti il ridetto elenco, conosciuto da parte ricorrente in occasione della domanda di accesso ai documenti presentata in data 4 ottobre 2012 e ricevuta in data 23 ottobre 2012 si presenta quale atto meramente ricognitivo, laddove gli effetti lesivi della posizione dell’interessato sono costituiti senz’altro dai due provvedimenti del 2002 che ne sono il presupposto e che, dunque, avrebbero dovuto essere impugnati tempestivamente, anche se al solo fine di proporre domanda di risarcimento del danno, all’epoca a mente della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 500 del 22 luglio 1999, con la conseguenza che la domanda di annullamento dell’iscrizione si presenta inammissibile, in quanto l’atto del 2012 impugnato non ha natura provvedimentale.

3. Ciò chiarito occorre però verificare se anche la domanda risarcitoria sia inammissibile.

Al riguardo è da rilevare che il ritardo nella proposizione della azione avverso i provvedimenti del 2002, eccepito dalla F.C. e dal C.O.N.I., non impedisce, comunque, di valutare la domanda risarcitoria, atteso che, come noto, venuto meno il criterio della pregiudiziale amministrativa, l’art. 30 c.p.a. consente di proporla a prescindere dalla impugnazione di un provvedimento specifico ed entro “centoventi giorni dal giorno in cui il fatto si è verificato” oppure nel primo caso sempre entro cento venti giorni, ma “dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.”

E quindi nel caso in esame la detta norma consente, comunque, di esaminare la domanda con cui l’interessato chiede il risarcimento del danno ingiusto derivante da un comportamento dell’amministrazione che si assume come illegittimo, quale sarebbe l’iscrizione nell’elenco dei soggetti sanzionati in sede sportiva o cui è inibito di avere rapporti con atleti, come, peraltro, non pare esservi più alcun dubbio dopo la pronuncia della Corte Costituzionale n. 49 dell’11 febbraio 2011 che espressamente fa riferimento ad altra pronuncia del Consiglio di Stato (sezione VI, 25 novembre 2008, n. 5782) sia in ordine ai rapporti tra le varie giurisdizioni riguardo a fatti propri dell’ordinamento sportivo, sia in ordine alla giurisdizione specifica del giudice amministrativo in ordine al risarcimento del danno su tali fatti (cfr. nella vigenza del Codice del Processo Amministrativo di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010 : C. Stato, sezione VI, 24 gennaio 2012, n. 302).

La norma citata, insomma, consentirebbe quel giudizio incidentale del giudice amministrativo sui provvedimenti inibitori adottati dal giudice sportivo e, qualora fossero accolte le doglianze proposte ad esempio di genericità delle decisioni che non specificavano se l’inibizione dell’interessato fosse temporanea o definitiva, l’esito sarebbe di riconoscere quell’ingiustizia del danno che costituisce l’elemento oggettivo dello stesso ed è uno degli elementi che in base all’art. 2048 c.c. ne permette la risarcibilità.

Nell’ipotesi in esame, tuttavia, attesa la natura meramente ricognitiva della iscrizione del ricorrente nell’elenco del C.O.N.I. dei soggetti cui è inibita ogni attività a favore degli atleti o dei soggetti sanzionati dalle Federazioni, da tale mera iscrizione non è dato dedurre, nel comportamento dell’amministrazione, la presenza dell’ingiustizia del danno che giustifichi la domanda risarcitoria. Infatti essa è la conseguenza delle due decisioni del 2002 della Commissione Disciplinare anche di Appello della F.C..

Peraltro un principio elaborato dalla giurisprudenza civilistica in tema di iscrizione in elenchi pubblici di determinati soggetti (nel caso di soggetti sottoposti a provvedimenti di fermo amministrativo: cfr. Tribunale di Salerno, sezione I, 3 ottobre 2012), giustifica il risarcimento del danno esclusivamente quando tale iscrizione sia il frutto di dolo o di colpa del titolare del potere amministrativo che la esegue, posizione questa del tutto mutuabile anche per il caso in esame in cui l’iscrizione è la mera conseguenza dei due provvedimenti che hanno riconosciuto la responsabilità del ricorrente “non solo nel prescrivere agli atleti l’uso di sostanze dopanti”, ma anche “nel consigliare l’uso di prodotti idonei a mimetizzare o nascondere l’assunzione di sostanze vietate e conseguentemente eludere i controlli”.(decisione Commissione disciplinare FCI n. 8 del 13 febbraio 2002).

Ma anche se si volesse valorizzare il portato delle sentenze penali di primo e di secondo grado che lo stesso interessato rileva avere statuito la parziale assoluzione per non aver commesso il fatto o il proscioglimento in ordine alla accusa di frode sportiva (pag. 9 – 10 memoria depositata in data 20 ottobre 2015), a parte che non viene prodotta la sentenza penale di appello, ma solo quella di primo grado che si è espressa nei termini di cui sopra ed è stata depositata in data 27 dicembre 2004, è da rilevare che, come sopra esposto, invece, non è del tutto esclusa la responsabilità del ricorrente ai fini dell’inibitoria comminatagli, atteso che è stata riconosciuta la sua responsabilità per essersi approvvigionato di farmaci finalizzati ad ottimizzare le prestazioni degli atleti e fornendoli direttamente al di fuori della farmacia ai propri clienti e per aver somministrato o fatto somministrare agli atleti partecipanti sostanze ad azione dopante. (cfr. sentenza Tribunale di Bologna n. 1718 in data 27 dicembre 2004), con esclusione dunque pure dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa nel provvedimento di iscrizione e conseguente reiezione della domanda risarcitoria.

4. Per le superiori considerazioni il ricorso va dichiarato in parte inammissibile ed in parte va respinto.

5. La parziale novità delle questioni trattate consente di ritenere giusti i motivi per la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e per il resto lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 3 novembre 2015 e del 26 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Sapone, Presidente FF

Pierina Biancofiore, Consigliere, Estensore

Alessandro Tomassetti, Consigliere

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