La Corte Costituzionale amplia il diritto al silenzio del sospettato e dell’indagato, con probabili riflessi anche sulle indagini delle Procure Federali dello Sport [Corte Costituzionale, 5 giu 2023 n. 111/2023]

Con sentenza 5 giugno 2023 n. 111/2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi:

  1. l’art. 64 comma 3 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, quando l’Autorità Giudiziaria richiede alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato le circostanze personali di cui all’art. 21 delle Norme di attuazione del codice di procedura penale, deve prima dare avvertimento dell’utilizzabilità nei suoi confronti delle dichiarazioni rese, della facoltà di non rispondere ad alcuna domanda (salvo le generalità personali di cui all’art. 66 comma 1 c.p.p.) posto che il procedimento seguirà il suo corso e che le eventuali dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri comportano l’assunzione dell’ufficio di testimone in ordine a tali fatti (salve le incompatibilità previste dall’articolo 197 e le garanzie di cui all’articolo 197-bis c.p.p.);
  2. lart. 495, primo comma, del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato che, a richiesta dell’Autorità Giudiziaria, abbiano reso false dichiarazioni sulle circostanze personali indicate nell’art. 21 norme att. cod. proc. pen., nel caso in cui siano stati loro omessi gli avvertimenti di cui all’art. 64, comma 3, cod. proc. pen..

Decisione molto importante, che merita un minimo di chiarimento per i non avvezzi al tema.

Il codice di procedura penale prevede che l’Autorità Giudiziaria debba avvertire la persona sottoposta a indagini della facoltà di non rispondere, senonché, secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione, ciò sarebbe da riferirsi solo alle domande relative al fatto di cui la persona è accusata, dovendosi invece sempre rispondere – anche senza previo avvertimento – alle domande sulle circostanze personali elencate all’art. 21 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (ossia se si abbia un soprannome o uno pseudonimo, quali siano le condizioni di vita individuale, familiare e sociale, se si è sottoposti ad altri processi penali, se si è già stati condannati in Italia o all’estero e, quando ne è il caso, se si sono esercitati uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità, se si ricoprono o si siano ricoperte cariche pubbliche).

In buona sostanza, grazie all’intervento del Giudice delle Leggi, finalmente si ha sempre diritto al silenzio quando l’Autorità che indaga su un reato, senza dare avvertimento della facoltà di non rispondere, «ponga alla persona sospettata o imputata di averlo commesso domande su circostanze che, pur non attenendo direttamente al fatto di reato, possano essere successivamente utilizzate contro di lei nell’ambito del procedimento o del processo penale, e siano comunque suscettibili di avere un impatto sulla condanna o sulla sanzione che le potrebbe essere inflitta».

Osserva infatti la Corte Costituzionale che, fermo restando che le generalità personali debbono in ogni caso essere fornite, le risposte sulle ulteriori circostanze personali hanno rilevanza poiché, ad esempio, la conoscenza di un soprannome potrebbe consentire l’identificazione della persona nell’ambito delle intercettazioni telefoniche e ambientali, precedenti condanne potrebbero trasformare una situazione di arresto facoltativo in arresto obbligatorio, nonché comportare valutazioni di pericolosità suscettibili di incidere sull’adozione di misure cautelare o pene più severe.

Ed invero viene sottolineato che il diritto al silenzio, come definito dall’art. 14 paragrafo 3 lettera g) del Patto internazionale sui diritti civili e politici (PIDCP) e dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, costituisce corollario implicito del diritto inviolabile di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione, come garanzia per ogni individuo di «non essere costretto a deporre contro sé stesso o a confessarsi colpevole».

Si consideri peraltro che, per prassi assolutamente consolidata, le circostanze personali oggetto della pronuncia della Corte Costituzionale vengo chieste subito dopo le generalità e prima delle domande sul fatto illecito per cui procede, dunque prima che la persona interrogata sia messa in grado di comprendere adeguatamente dove si vada a parare.

L’innovazione in esame, immediatamente applicabile, potrà avere un impatto anche sulle indagini delle Procure delle Federazioni Nazionali Sportive e delle Discipline Sportive Associate, nonché dei Procuratori Sociali degli Enti di Promozione Sportiva, atteso che finora – salvo rare e a mio avviso avvedute eccezioni – in quell’ambito si è sempre ritenuto che i soggetti interrogati avessero l’obbligo di rispondere a tutte le domande, nessuna esclusa.
Si pensi al caso, non ipotetico, di una persona sentita dal Procuratore Federale a rendere sommarie informazioni in un procedimento disciplinare, che non risponda su alcune circostanze personali analoghe a quelle dell’art. 21 sopra citato, per timore di essere poi indagata o incolpata: in questi casi quasi sempre si è proceduto ad incolpazione per violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza, costituenti canoni indefettibili del comportamento sportivo.
L’intervento della Corte Costituzionale necessiterà dunque di una riflessione anche da parte di procuratori federali e organi di giustizia sportiva.
Ciò pur nella consapevolezza che al processo sportivo, laddove manchino specifiche disposizioni, si applicano espressamente i principi generali del processo civile e non di quello penale, poiché la decisione della Corte Costituzionale, tutelando il fondamentale diritto di difesa, riverbera in tutto o in parte i suoi effetti nell’intero ordinamento.
In questo quadro è superfluo precisare che il diritto al silenzio sulle circostanze personali ovviamente non si tramuta mai in diritto a mentire.
[Armando Argano]


Art. 64 C.P.C. – Regole generali per l’interrogatorio.

1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare o se detenuta per altra causa, interviene libera all’interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze.
2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti.
3. Prima che abbia inizio l’interrogatorio, la persona deve essere avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b) salvo quanto disposto dall’articolo 66, comma 1, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso;
c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l’ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall’articolo 197 e le garanzie di cui all’articolo 197-bis.
3-bis. L’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b) rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell’avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l’ufficio di testimone.

Art. 495 C.P. – Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri.

1. Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
2. La reclusione non è inferiore a due anni:
1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all’autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

Art. 21 Disp. Att. C.P.C. – Notizie da chiedere all’imputato nel primo atto cui egli è presente.

1. Quando procede a norma dell’articolo 66 del codice, il giudice o il pubblico ministero invita l’imputato o la persona sottoposta alle indagini a dichiarare se ha un soprannome o uno pseudonimo, se ha beni patrimoniali e quali sono le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale. Lo invita inoltre a dichiarare se è sottoposto ad altri processi penali, se ha riportato condanne nello Stato o all’estero e, quando ne è il caso, se esercita o ha esercitato uffici o servizi pubblici o servizi di pubblica necessità e se ricopre o ha ricoperto cariche pubbliche.

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