La lotta di classe della Magistratura sui compensi degli avvocati [di Armando Argano - 24-1-2013]

Armando Argano
La lotta di classe della Magistratura sui compensi degli avvocati

pubblicato in Italia Oggi (Class Editori) del 24-1-2013 [*]

Nelle aule di giustizia italiane è in atto una vera e propria lotta di classe, silente ed unidirezionale, attuata dai Magistrati in sede di liquidazione del compenso degli avvocati.

Nonostante sporadiche eccezioni, encomiabili per la loro apertura mentale, è un trend giurisprudenziale annoso e costante, che offre tuttavia l’opportunità per qualche riflessione pratica, ma anche in senso autocritico per i professionisti del diritto.

Infatti, ogni volta che il Giudice si confronta con il valore economico dell’attività difensiva, dimostra quasi sempre di non capirla e di non rispettarla, come se l’Avvocatura fosse un nemico da abbattere e non, come invece è, un soggetto coessenziale alla giurisdizione.

Ovvio che in un epoca in cui, almeno in occidente, le guerre si svolgono sul piano dell’economia, per sconfiggere l’avversario è sufficiente soffocarlo sui ricavi.

In questo ambito ciò avviene con disarmante regolarità, sia in sede di liquidazione delle spese a favore della parte vittoriosa in giudizio, sia in sede di controversia sul compenso tra cliente e professionista.

E la situazione peggiora con il nuovo tariffario forense, in cui è stato addirittura codificato il principio, in precedenza solo di natura giurisprudenziale, secondo cui “ In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa ” (art. 1 comma 7 D.M. 140/2012).

La disposizione stabilisce dunque che i parametri non sono affatto vincolanti solo per il Giudice che si trovi a quantificare il compenso, e, di converso, che sono vincolanti per le parti che si basino su di essi per contrattualizzare il rapporto cliente/avvocato.

In teoria però.

Nella pratica la questione tornerà sempre al vaglio giurisdizionale quante volte il cliente impugni l’accordo per una qualche presunta patologia, e così siamo da capo: infatti, se i parametri ministeriali sono del tutto derogabili dal Magistrato, a cosa servono?

A nulla ovviamente.

Basterà a chiunque dolersi che quanto richiestogli dal professionista è eccessivo, anche laddove siano stati rispettati i minimi tariffari e l’accordo sia per il resto del tutto legittimo, per ottenere dal Giudice, con ragionevole certezza, una quantificazione spesso al di sotto della dignità professionale.

Il punto è che, con buona pace dei “parametri” ministeriali, la loro giudiziale derogabilità rende impossibile non solo al professionista, ma anche al cliente, avere dei corretti e stabili riferimenti in sede di negoziazione.

Il moloch del “Mercato”, divinità che sana (per chi ciecamente ci crede) qualunque disequilibrio economico, diviene così la giustificazione di ogni ingiustizia, ma anche chi non condividesse l’esistenza di una lotta di classe non potrà negare che in tal modo la Magistratura si sostituisce al mercato, piuttosto che recepirne gli esiti.

Oltretutto il Giudice considera solo la parte di prestazione forense che vede svolta innanzi a sé, mentre le fasi di attività previste dal D.M. 140/2012, nella loro onnicomprensività, includono ogni aspetto del lavoro dell’avvocato, che spesso è più arduo – ad esempio – proprio nella gestione del cliente prima, durante e dopo la causa.

A tacere del fatto che il professionista non ha tutela economica per malattia, né TFR.

Tutte cose che richiedono tempo, organizzazione ed energie, ossia, in sintesi, costi da coprire.

E così, mentre la Magistratura ha saputo difendere benissimo la propria retribuzione, l’Avvocatura si è persa nell’antipatica e sterile lotta per rialzare le tariffe ed ha perso la battaglia più importante (anzi non l’ha neppure iniziata) omettendo di lottare per rendere i parametri vincolanti in sede di liquidazione giurisdizionale. Questa sarebbe stata invece l’unica norma che avrebbe impedito ristabilito un corretto equilibrio tra le parti.

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[*] Pubblicato in Italia Oggi del 24-1-2013 nella versione iniziale a commento di T.A.R. Lombardia – Brescia, ord. 10-9-2012 n. 1528, con il titolo redazionale ” Magistrati contro avvocati con la sponda delle spese legali ” (cfr.: http://www.italiaoggi.it/giornali/preview_giornali.asp?id=1808400&codiciTestate=1)

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