La nuova disciplina della difesa d’ufficio: come al solito, la mano che fa una legge non sa che legge fa l’altra.

E’ stato pubblicato nella G.U. n. 29 del 5 febbraio 2015 il D.Lgs. 30 gennaio 2015 n. 6, recante “Riordino della disciplina della difesa d’ufficio, ai sensi dell’articolo 16 della legge 31 dicembre 2012, n. 247“, con cui vengono profondamente modificati l’art. 97 c.p.p. e l’art. 91 disp. att. c.p.p..

Mentre siamo ancora in attesa del varo definitivo del Regolamento sulle specializzazioni degli avvocati, già tra pochi giorni, esattamente l’11 febbraio, entrerà in vigore la nuova disciplina sui requisiti per essere iscritti nell’elenco nazionale dei difensori d’ufficio, tra i quali è correttamente previsto, in alternativa al percorso formativo e alla comprovata esperienza, il conseguimento del titolo di avvocato specialista nella materia penale.

Singolarmente, tuttavia, anche l’avvocato specialista, che tale sarà solo alla stregua di assai stringenti requisiti, dovrà comunque annualmente trasmettere documentazione attestante “l’esercizio continuativo di attivita’ nel settore penale comprovato dalla partecipazione ad almeno dieci udienze camerali o dibattimentali per anno, escluse quelle di mero rinvio“.
Ogni vero penalista da una parte giustamente se la riderà, da un’altra parte sarà ingiustamente sottoposto a inutili adempimenti burocratici.

Ciò in disparte, il D.Lgs. 6/2015 introduce un nuovo e specifico concetto di “esercizio continuativo di attività nel settore penale“, per il quale sono sufficienti solo dieci udienze l’anno (che ovviamente non sono incarichi fiduciari), laddove nella bozza di regolamento sulle specializzazioni di cui si attende il varo, il medesimo requisito è indicato, ai fini del titolo di avvocato specialista, in ben cinquanta incarichi fiduciari l’anno (secondo il testo del CNF), ovvero «incarichi professionali rilevanti per quantità e qualità, almeno pari a cento nel quinquennio, escluse le cosiddette cause seriali» (secondo la proposta della Commissione Giustizia della Camera).

Questo avviene perchè, come al solito, la mano che fa una legge non sa che legge fa l’altra.

[Armando Argano - 8 febbraio 2015]

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