Lo studio legale può essere definito o no “laboratorio del diritto”? [Armando Argano, 7-11-2013]

Lo studio legale può essere definito o no “laboratorio del diritto”?
Si. No. Anzi forse.

La Scuola Superiore dell’Avvocatura – isola preziosa della cultura forense – ha diffuso oggi una newsletter con il bell’editoriale dal titolo “Un Laboratorio di Scrittura per l’avvocato“, in cui, premesso che “Laboratorio è comunemente considerato il luogo ove si compie ricerca, si elaborano idee e si sperimentano soluzioni“, si dà notizia del varo di un interessantissimo progetto per il miglioramento della cultura professionale (la newsletter è consultabile qui).
Inserendo poi nel campo di ricerca del sito web della Scuola la parola “laboratorio”, si ricavano ben 21 risultati (la relativa stampa è consultabile qui).

Com’è noto la parola in disamina è parte anche del nome dell’associazione di studi penalistici “Laboratorio Permanente Esame Controesame e Giusto Processo”, presieduta dall’Avv. Ettore Randazzo.

“Laboratorio” è dunque una parola bellissima, che coniuga felicemente pensiero e lavoro, speculazione e realizzazione, astrazione e concretezza, in definitiva sintesi di ciò che l’uomo è quando dedica mente e corpo ad una qualsivoglia impresa.

Eppure è stato ritenuto dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati Udine – sia pure, va certamente sottolineato, in un più ampio contesto di censurata reclame professionale – che la denominazione dello studio quale “Laboratorio del diritto” integrava gli estremi della vietata pubblicità elogiativa e che comunque si tratta di espressione “che assimila il luogo ove l’Avvocato svolge la propria attività professionale a quello proprio di attività artigianali, commerciali o industriali, con ciò svilendo l’immagine del singolo professionista e dell’intera categoria professionale, o che, a tutto voler concedere, accosta lo studio dell’Avvocato alla sede dell’attività di professioni diverse, ciò creando inopportuna e ingannevole, e perciò indecorosa, confusione presso i terzi“.
Con l’interessante decisione n. 204/2012 il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso dell’incolpato e confermato la decisione dell’Ordine territoriale, affermando che “….il contenuto intrinseco dell’intervista invece di fare riferimento a problematiche tecnico giuridiche, consiste nell’illustrazione della struttura, competenze e attività dello studio professionale, definito “Laboratorio del diritto” nel quale sono progettati “specifici check-up legali” e “che si distingue nel settore per eccellenza e modalità operative” (la decisione è consultabile qui).

Naturalmente rispettando tale dictum, che certamente va anche compreso nel suo insieme, osserviamo che forse è stata una ridondanza motivazionale sottoporre a censura la locuzione “laboratorio giuridico”, anche perchè la decisione sarebbe stata con assoluta probabilità la medesima se l’incolpato avesse ad esempio, nel contesto dell’intervista, usato la diversa locuzione “studio giuridico”.
Solo che ora, anche per il principio di precauzione, chi se la sente più di utilizzare la parola “laboratorio”?

(Armando Argano, 7 novembre 2013)

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