Progettazione preliminare di porto turistico – Consiglio di Stato, sezione VI, 5 marzo 2012 n. 1317

Il progetto preliminare per la realizzazione di un porto turistico deve contemplare, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 509 del 1997,  la realizzazione opere non soltanto a mare ma anche a terra: queste ultime non sono soltanto quelle indispensabili per mero e necessario completamento tecnico-costruttivo sulla terraferma delle strutture a mare, essendo il porto una struttura complessa destinata allo scopo di servire “il diportista nautico o precipuamente la nautica da diporto, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari” (art. 2, citato).

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7297 del 2011, proposto dalla s.r.l. Porto del Circeo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio, con domicilio eletto presso il signor Francesco Cardarelli in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, 47;

contro

il Comune di San Felice Circeo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Corrado De Angelis, con domicilio eletto presso il signor Gennaro Leone in Roma, viale Angelico, 97;
la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio eletto presso l’Avvocatura della Regione Lazio in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
l’Ente Parco Nazionale del Circeo, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Provveditorato interregionale per le opere pubbliche nel Lazio, Abruzzo e Sardegna, Ministero della Difesa, Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza ai beni architettonici del Lazio, Ministero lavori Pubblici; Genio civile opere marittime, Maridipart Taranto, Mariseziofari Napoli, Marina Militare, Maricapitale, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Gaeta, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane,
Ministero dell’economia e delle finanze – Agenzia del Territorio, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Cantieri Rizzardi S.n.c. di Gianfranco Rizzardi e C.;
la s.r.l. Vigedal, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Fonderico, Carlo Alberto Melegari, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Fonderico in Roma, viale della Tecnica, 183;
la s.n.c. Maga Circe, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Alberto Melegari, Francesco Fonderico, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Fonderico in Roma, viale della Tecnica, 183;
la s.r.l. Alf, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Tesauro, Giovanna De Santis, Simone Cadeddu, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Simone Cadeddu in Roma, via San Sebastianello, 9;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – SEZIONE STACCATA DI LATINA: SEZIONE I n. 1093/2010;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Felice Circeo, della Regione Lazio, dei Ministeri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, per i beni e le attività culturali, dell’Agenzia del Demanio, dell’Agenzia delle Dogane, della s.r.l Vigedal, della s.n.c. Maga Circe, della s.r.l Alf, del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’Agenzia del Territorio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2013 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli avvocati Zaza D’Aulisio, De Angelis, Privitera, l’avvocato dello Stato Fiorentino, gli avvocati Fonderico e Cadeddu;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il 13 dicembre 2001, previa approvazione del progetto in conferenza di servizi il 21 giugno precedente, veniva rilasciata alla Penta s.r.l. (poi Porto del Circeo s.r.l.) la concessione di un’area di circa 56.650 mq al fine di costruire e gestire per la durata di 50 anni un porto turistico in S. Felice Circeo, essendo stata presentata la relativa istanza alla Capitaneria di porto di Gaeta in data 14 maggio 1999.
2. La Vi.Ge.Dal. s.r.l. e la Maga Circe s.n.c. impugnavano gli esiti della conferenza e la concessione con distinti ricorsi, accolti con la sentenza n. 1456 del 16 dicembre 2002 del T.a.r. per il Lazio, sezione staccata di Latina (sezione prima), in ragione del mancato invito alla conferenza di servizi dell’Ente nazionale Parco del Circeo, della mancata “valutazione d’impatto ambientale”, avendo la concessione un oggetto superiore a quanto stabilito in sede di conferenza ed essendo stata acquisita la “certificazione antimafia” soltanto dopo il rilascio della concessione.
La sentenza era confermata, con diversa motivazione (ritenendosi insussistente la divergenza di superficie tra quanto assentito con la concessione demaniale e quanto stabilito dalla conferenza) con la sentenza del Consiglio di Stato n. 4163 del 18 giugno 2004.
3. La Penta s.r.l. chiedeva quindi, ai sensi degli articoli 5 e 6 del d.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509 (Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell’articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59), con istanza acquisita al protocollo del Comune di San Felice Circeo il 3 luglio 2004 (n. 14008), la rinnovazione del procedimento con la riconvocazione della conferenza di servizi, indetta dal Comune di San Felice Circeo il 18 settembre 2006.
La conferenza si è conclusa con il verbale del 18 dicembre 2008, con la decisione di non entrare nel merito dell’istanza poiché, alla sua originaria proposizione, non si era fatto luogo “alle formalità tese a garantire l’evidenza pubblica delle istanze”, seguendo a ciò la determinazione del competente dirigente comunale, n. 8204 del 31 marzo 2009, di non ammissione delle istanze alle successive fasi del procedimento.
4. La Porto del Circeo s.r.l. impugnava, con il ricorso n. 254 del 2009 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, il suddetto verbale del 18 dicembre 2008 e relativi atti presupposti e, con il successivo ricorso n. 512 del 2009 proposto al medesimo T.a.r., la determinazione motivata conclusiva del dirigente responsabile del Comune di S. Felice Circeo che aveva recepito le conclusioni della conferenza (con tutti gli atti già impugnati a mezzo del precedente ricorso).
La società ha sostenuto, in sintesi, la erroneità della tesi del Comune di far ripartire il procedimento dall’inizio per garantire i principi dell’evidenza pubblica lesi dall’insufficiente pubblicità dell’istanza originaria, essendosi proceduto, al contrario, alla pubblicità prevista dalla normativa vigente ratione temporis, nonché con modalità adeguata al procedimento, non dovendosi applicare in via diretta la normativa sui contratti pubblici e, comunque, dato il tempo trascorso, dovendosi considerare il qualificato affidamento maturato dalla ricorrente e la circostanza che il pregresso annullamento giurisdizionale era dipeso dal fatto dell’Amministrazione.
La rinnovazione del procedimento avrebbe dunque dovuto riprendere dalla conferenza di servizi “preliminare”, con salvezza delle fasi precedenti (presentazione del progetto preliminare e pubblicazione).

5. La Maga Circe s.n.c. e la Vi.Ge.Dal. s.r.l.:
- costituitesi in giudizio presentavano ricorso incidentale nell’ambito del ricorso n. 512 del 2009;
- a loro volta, con il ricorso n. 818 del 2005, in precedenza proposto al medesimo T.a.r., avevano impugnato, con censure poi riproposte nel detto ricorso incidentale, gli atti volti alla rinnovazione del procedimento e, con successivi motivi aggiunti, gli atti coi quali il procedimento era stato definito (impugnati dalla Porto del Circeo), deducendo, in particolare, che la rinnovazione del procedimento sarebbe dovuto essere integrale, cioè partire dalla pubblicazione del progetto preliminare opportunamente rielaborato, in conseguenza delle pronunce del giudice amministrativo richiedenti la presentazione di un nuovo progetto preliminare (comprensivo delle opere a terra e del relativo studio di inserimento ambientale e paesistico), da assoggettare poi ai successivi adempimenti previsti.

6. Il T.a.r. per il Lazio, sezione staccata di Latina (Sezione prima), riuniti i ricorsi con precedenti ordinanze, con la sentenza n. 1093 del 2010:
- ha dichiarato inammissibili i ricorsi n. 818 del 2005 e n. 254 del 2009;
- ha accolto il ricorso incidentale proposto dalla s.n.c. Maga Circe e dalla s.r.l. Vi.Ge.Dal. e, per l’effetto, ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 512 del 2009; compensando tra le parti le spese del giudizio.
7. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’accoglimento del ricorso di primo grado, in riforma della sentenza del TAR.
8. All’udienza del 12 febbraio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza gravata, n. 1093 del 2010, il T.A.R. per il Lazio, sezione staccata di Latina (sezione prima) ha dichiarato inammissibili i ricorsi n. 818 del 2005, proposto dalla s.r.l. Vi.Ge.Dal. e dalla s.n.c. Maga Circe, e n. 254 del 2009 proposto dalla s.r.l. Porto del Circeo; ha accolto il ricorso incidentale proposto dalla s.n.c. Maga Circe e dalla s.r.l. Vi.Ge.Dal. nell’ambito del giudizio sul ricorso n. 512 del 2009 proposto dalla s.r.l Porto del Circeo, e, per l’effetto, ha dichiarato tale ricorso improcedibile.
Nella sentenza di primo grado si giudicano inammissibili: il ricorso n. 818 del 2005, poiché riguardante meri atti di impulso alla rinnovazione parziale del procedimento e perciò non lesivi in quanto endoprocedimentali; i relativi motivi aggiunti avverso il provvedimento di recepimento degli esiti della conferenza di servizi, poiché avente effetto non sfavorevole per gli interessi dei ricorrenti; il ricorso n. 254 del 2009, poiché relativo al semplice verbale della conferenza di servizi e non alla determinazione dirigenziale conclusiva del procedimento.
Quanto al ricorso incidentale proposto dalla s.n.c. Maga Circe e dalla s.r.l. Vi.Ge.Dal., il TAR:
a) ha osservato che il suo accoglimento avrebbe comportato “un effetto analogo a quello che è determinato dagli atti impugnati (analogo ma non identico in quanto -da quel che si comprende, anche alla luce degli atti preparatori e in particolare dalle note del ministero dell’infrastrutture e dei trasporti del 22 gennaio 2007 e del 1° luglio 2008- gli atti impugnati non mettono in discussione l’idoneità dell’originario progetto preliminare della Penta a dare impulso alle successive fasi del procedimento)”;
b) lo ha dichiarato ammissibile, poiché i resistenti hanno dedotto l’illegittimità della fase del procedimento in cui il progetto preliminare è stato ritenuto idoneo alla pubblicazione ex art. 4 del d.P.R. n. 509 del 1997 e a costituire presupposto delle ulteriori fasi, cosicché l’accoglimento del ricorso, determinando la caducazione del procedimento con la sua rinnovazione integrale, produrrebbe per essi un effetto più favorevole di quello prodotto dall’atto impugnato, privando di ogni utilità una pronuncia sul merito dei ricorsi principali; né il ricorso incidentale è precluso dal giudicato di annullamento formatosi sull’impugnazione della concessione rilasciata alla Penta s.r.l. nel 2001, coprendo il giudicato soltanto i motivi dedotti con il ricorso e non avendo riguardato la fase della prima valutazione del progetto preliminare e della sua pubblicazione, risolvendosi peraltro la contestazione incidentale sulla insufficienza della pubblicazione nella denuncia del vizio della mancata verifica al riguardo da parte della conferenza di servizi.
Il TAR ha accolto il ricorso incidentale, rilevando la fondatezza di quanto sostenuto sulla non corrispondenza dei contenuti del progetto preliminare a quanto stabilito dall’art. 3 del d.P.R. n. 509 del 1997 e neppure contestata la mancata contemplazione nel progetto preliminare delle necessarie “opere a terra” insistenti su area dell’ente Parco del Circeo, in violazione dell’art. 3, comma 2, del detto d.P.R. con la inidoneità del progetto a rappresentare le caratteristiche dell’opera, nonché la sua incidenza sul piano ambientale ai fini della verifica prescritta dal art. 10 del d.P.R. del 12 aprile 1996 (Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale).
Ad avviso del TAR, non si può sostenere la recuperabilità di queste carenze attraverso la promozione dei necessari adeguamenti in conferenza di servizi (ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 509 del 1997), avendo esse una rilevanza sostanziale, in quanto hanno impedito agli interessati di proporre osservazioni o domande in concorrenza a fronte di un progetto incompleto e ripercuotendosi le carenze del progetto preliminare anche sulla possibilità di utile svolgimento della conferenza di servizi che, ai sensi del citato art. 5, presuppone un progetto con i contenuti definiti dall’art. 3, comma 2, del citato d.P.R. n. 509 del 1997.
Di conseguenza, assorbite le ulteriori censure dedotte, il TAR ha accolto il ricorso incidentale ed ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 512 del 2009 per carenza di interesse.

2. Nell’appello in epigrafe la sentenza di primo grado è censurata per i motivi che seguono.

2.1. L’accoglimento del ricorso incidentale sarebbe erroneo, poiché:
- basato sul presupposto della mancata inclusione nel progetto preliminare delle “opere a terra”, con asserita violazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 509 del 1997, mentre, da un lato, tali opere erano previste nel progetto insieme con quelle “a mare” (come si potrebbe accertare ai sensi degli articoli 66 o 67 c.p.a.) e, comunque, data l’autonomia delle fasi del procedimento concessorio di cui al d.P.R. n. 509 del 2007, non doveva essere eseguita alcuna valutazione di merito nella fase procedimentale della pubblicazione delle istanze, disciplinata dall’art. 3, essendo questa riservata alla fase successiva, in sede di conferenza di servizi da convocare a seguire ai sensi dell’art. 5, nella cui riunione del 18 dicembre 2008 non si è peraltro entrati nel merito;
- le censure dei controinteressati hanno perciò riguardato un’attività amministrativa non ancora compiuta, conseguendo da ciò che il primo giudice ha valutato negativamente una circostanza rimessa al merito di un’attività amministrativa non ancora esercitata, accogliendo un ricorso incidentale inammissibile in quanto volto ad integrare la motivazione degli atti impugnati.

2.2. In subordine si deduce che comunque, anche ammessa in via ipotetica la mancata indicazione delle opere a terra nel progetto preliminare pubblicato, né l’art. 3 del d.P.R. n. 509 del 1997, né altra norma, richiedono che un porto non possa essere realizzato interamente sul mare; né vale in contrario che il progetto definitivo esaminato nella conferenza di servizi svoltasi in data 21 giugno 2001, ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. citato, era stato modificato rispetto a quello originario, poiché la rinnovazione del procedimento a partire dalla conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 5 del d.P.R., comportava l’esame del progetto pubblicato nel 1999 (e non di quello modificato).

2.3. Ciò dedotto, e rilevata l’ammissibilità del ricorso n. 254 del 2009 avverso il verbale della conferenza di servizi in quanto atto recante un arresto procedimentale, l’appellante ha riproposto i motivi di censura non esaminati in primo grado perché assorbiti.

3. Il Collegio ritiene che vada confermata la correttezza della pronuncia in primo grado sulla inammissibilità del ricorso n. 254 del 2009, rivolto contro il verbale, risultando l’effetto di arresto procedimentale dal provvedimento del responsabile del procedimento seguente alla conferenza di servizi (Cons. Stato, sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7570).
4. Ritiene altresì la Sezione che del tutto correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto ammissibile e fondato il ricorso incidentale proposto in primo grado.
Infatti, le questioni sollevate in primo grado col ricorso incidentale non risultano precluse dal giudicato formatosi con la sentenza di questa Sezione n. 4163 del 2004, perché si tratta di aspetti del tutto nuovi, per causa petendi e petitum.
Il precedente giudizio ha comportato l’annullamento di alcuni atti (riguardanti l’andamento della conferenza di servizi), mentre oggetto del presente giudizio risultano i provvedimenti emessi per dare seguito al giudicato e riattivare il procedimento: ben può dunque essere esaminata la legittimità di tali provvedimenti sotto tutti i profili (anche quelli riguardanti la fase di pubblicazione dell’istanza).
Inoltre, anche se le censure accolte dal TAR sono riconducibili ad un ricorso formalmente definito come incidentale, in realtà esso è stato proposto con la specifica domanda di annullamento degli atti impugnati, per un vizio (più radicale di quelli dedotti col ricorso principale), essendo stata prospettato l’interesse alla ulteriore regressione del procedimento.
Ne consegue che risulta corretta la statuizione con cui il TAR ha rilevato l’ammissibilità del ricorso incidentale, rilevandosi compatibile con le disposizioni sul processo amministrativo la concentrazione nel medesimo giudizio dell’impugnazione a sua volta (tempestivamente) proposta dal controinteressato avverso l’atto impugnato col ricorso principale.
Ciò posto, si può passare all’esame della questione preliminare e decisiva per la pronuncia sull’appello, cioè quella relativa alla sussistenza di un vizio ‘radicale’ di cui sarebbero affetti gli atti impugnati in primo grado, e cioè l’assenza delle previsioni progettuali delle “opere a terra”.
Va accertato, essendo ciò oggetto di censura dell’appellante, se la progettazione di un porto turistico richieda (come ha affermato il TAR, in accoglimento del ricorso incidentale) la inscindibile previsione di opere a mare e di opere a terra, e dunque cosa si intenda per opere a terra e se, affermata tale inscindibilità, le opere a terra debbano essere contemplate fin dalla progettazione preliminare, e, in caso di risposta positiva, se, nella specie, nel progetto preliminare presentato per la realizzazione del porto in questione tali opere risultino contemplate.
3.1. Ritiene al riguardo la Sezione che, ai sensi della normativa in materia, la realizzazione di un porto turistico comporta opere non soltanto a mare ma anche a terra: per l’art. 2, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 509 del 1997, il porto turistico è il “complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare…”.
3.2. E’ ragionevole ritenere che le opere a terra così inscindibilmente previste non siano soltanto quelle indispensabili per mero e necessario completamento tecnico-costruttivo sulla terraferma delle strutture a mare, essendo il porto una struttura complessa destinata allo scopo di servire “il diportista nautico o precipuamente la nautica da diporto, anche mediante l’apprestamento di servizi complementari” (art. 2, citato) e non potendosi ritenere che tale servizio possa essere svolto senza alcuna opera a terra idonea a garantire le diverse prestazioni a tal fine necessarie.
Non a caso, come indicato nelle sentenza in appello n. 4163 del 2004, nel progetto definitivo del porto turistico di cui qui si tratta è prevista “una serie di interventi edilizi da realizzarsi nell’area portuale, relativamente, ad esempio, alle aree da destinare a parcheggi”, risultando agli atti della conferenza di servizi sul detto progetto 7 tavole su 35 dedicate alle opere a terra.

3.3. Ai sensi del d.P.R. n. 509 del 1997 la domanda di concessione di zone del demanio marittimo per la realizzazione di un porto turistico deve essere corredata da un progetto preliminare, che è sottoposto all’esame della conferenza di servizi, promossa dal sindaco, cui partecipano tutti i soggetti portatori di interessi pubblici rilevanti riguardo all’opera da realizzare.
In particolare, ai sensi dell’art. 3, comma 2, il progetto preliminare è “redatto ai sensi dell’articolo 16, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, che definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori e il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire. Contiene inoltre uno studio con la descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente, ai fini della verifica di cui all’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996” (trattandosi della verifica se le caratteristiche del progetto richiedano lo svolgimento della procedura di valutazione d’impatto ambientale).
In questo quadro, il Collegio ritiene che il progetto preliminare debba contemplare le opere a terra quali sopra specificate.
Esso deve infatti indicare, come visto, “le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori e il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire”, venendo soggiunto a tale identica previsione, nell’art. 16 della legge n. 109 del 1994, che il progetto preliminare deve altresì recare le ragioni della scelta prospettata “anche con riferimento ai profili ambientali”, così come nel citato art. 3, comma 2, del d.p.r. n. 509 del 1997, è soggiunto, ancora più puntualmente, che vi devono essere esposti i dati necessari per la verifica degli effetti sul piano ambientale.
Risulta di conseguenza che, con il grado di specificazione proprio, ovviamente diverso da quello del progetto definitivo, il progetto preliminare deve contemplare le necessarie opere a terra, essendo altrimenti impossibile, per lo meno, la valutazione degli effetti ambientali della complessiva realizzazione del porto così come quella che, nell’ambito della conferenza di servizi sul progetto preliminare, il Comune deve svolgere “sotto il profilo urbanistico edilizio” (art. 5, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 509 del 1997).
Tali valutazioni richiedono, evidentemente, una specificazione progettuale sufficiente per essere eseguite in modo con adeguato.

3.4. In questo quadro il Collegio, esaminati gli elaborati del progetto preliminare agli atti del giudizio, composti dalla “Relazione generale”, dalle relazioni di studio per i diversi profili tecnici, incluso quello sull’inserimento ambientale e paesaggistico, da dieci tavole e da due elaborati recanti il “calcolo sommario della spesa e il “piano economico-finanziario”, ritiene il loro contenuto univoco per riscontrare l’insufficiente individuazione delle opere a terra, pur con il livello di specificazione proprio della progettazione preliminare.
Dalla Relazione generale anzitutto, recante il quadro di sintesi delle opere specificato negli elaborati a seguire, emerge chiaramente che il progetto è centrato sulle opere a mare, con indicazioni su opere a terra per massima parte connesse e strumentali a quelle a mare per l’imprescindibile collegamento di queste con la terra ferma.
Ciò risulta:
- dalla parte sui “Lavori da realizzare”, in cui si specifica che “l’edificio da destinare ai servizi connessi con le attività portuali” sarà preso in esame in futuro, dovendo sorgere su proprietà privata da espropriare, e figura la sola realizzazione e ampliamento del piazzale di riva (500 mq), che appare opera complementare indispensabile per l’utilizzo delle strutture a mare, risultando nella sentenza in appello n. 4163 del 2004 che la Penta s.r.l, appellante, nel criticare la sentenza di primo grado, n. 1456 del 2002, aveva osservato che “la concessione demaniale riguarda uno specchio d’acqua, in cui è prevista la realizzazione di moli e banchine, e un’area a terra di cinquecento metri quadrati, su cui non sarebbe prevista la realizzazione di nessuna opera” (sentenza citata, punto 5.2);
- da quella sulla “Descrizione e tempi per la realizzazione delle opere”, in cui sono elencate opere tutte relative agli interventi a mare con l’indicazione di opere a terra limitate a quelle indispensabili per la fruizione di quelle a mare (come la realizzazione di “riempimenti, scavi, spianamenti e quant’altro per sottofondi stradali e banchine”, di “pavimentazione sia sui moli che sui piazzali a terra” ovvero di interventi di “arredo urbano e segnaletica”);
- da quella relativa alla “Descrizione dei servizi previsti”, in cui si elencano i “servizi necessari alla gestione ordinaria della nuova darsena…” (ad esempio: rifornimento carburante, parcheggi, rimessaggio a terra, scalo di alaggio, uffici amministrativi, centro commerciale, yacht club), non venendo precisate in alcuna parte del progetto le caratteristiche delle strutture di conseguenza necessarie (per i posti auto è soltanto dato un elenco numerico, nella parte sui “parametri – indice”, e sono indicate talune collocazioni nella tavola 4.8, così come, nella stessa parte, si richiama l’esistenza di “piazzali” senza ulteriori specificazioni, salvo il dato generale della superficie prevista, per mq. 2090).
Analogamente, nello “Studio di inserimento ambientale e paesaggistico”, la descrizione delle “Dimensioni del progetto” e dei “principali interventi” riguarda tutte opere a mare, con la necessaria indicazione del rapporto 1/1 tra parcheggi e posti barca (punti 5.1 e 5.2), un conciso richiamo ad esigenze di adeguamento della viabilità (punto 3.6.3.) e la specificazione di impianti a terra di natura strettamente tecnica indispensabili per le esigenze della nautica (per la fornitura dell’acqua, dell’energia, dell’illuminazione, del carburante e simili; punto 4) e, in sintesi, punto 9).
Nella parte recante il “Calcolo sommario della spesa” (elaborato n. 5), infine, i costi sono esposti per: il nuovo molo di sottoflutto, il prolungamento molo di sottoflutto, le banchina di riva e a terra, il molo di sottoflutto esistente e banchine, pontili arredi, dragaggio ecc. ( “Riepilogo generale”), così come il “Piano economico e finanziario” (elaborato n. 6) presenta i dati pertinenti alla gestione delle opere a mare e strettamente connesse.
3.5. E’ quindi corretta l’affermazione della sentenza di primo grado, qui impugnata, sulla non conformità del progetto preliminare sottoposto a pubblicazione a quanto stabilito dall’art. 3, comma 2, del d.P.R. n. 509 del 1997, né vale in contrario la prospettata autonomia delle fasi procedimentali di cui al medesimo d.P.R., poiché è la domanda di concessione che è pubblicata al fine delle possibili osservazioni dei soggetti interessati e della presentazione di domande concorrenti (art. 4), ciò che presuppone il possibile riscontro del progetto preliminare, e sono i progetti preliminari proposti che devono essere sottoposti all’esame in conferenza di servizi, che può intervenirvi con soli “adeguamenti” (art. 5).
Consegue anche da ciò che il primo giudice, nel decidere sul ricorso incidentale proposto nell’ambito del ricorso n. 512 del 2009, non si è pronunciato su un’attività amministrativa non ancora esercitata, ma su una fase procedimentale “svolta”, poiché relativa alla corretta conformazione del progetto preliminare presentato e che, con il detto ricorso, non si è preordinata una integrazione del provvedimento adottato sulla base della conferenza di servizi, essendo legittimati i ricorrenti incidentali (come sopra rilevato) a dedurre una illegittimità radicale della rinnovazione del procedimento di cui alla detta conferenza.

4. Tutto ciò considerato si deve concordare, di conseguenza, con il primo giudice anche sulla irrilevanza dei motivi di ricorso di primo grado ivi assorbiti, e comunque quali riproposti dall’appellante, poiché recanti deduzioni tutte riguardanti fasi e profili del procedimento de quo ulteriori rispetto al dirimente e pregiudiziale accertamento della non conformità del progetto preliminare alla base del procedimento medesimo, in quanto attinenti, esemplificativamente, alle modalità delle pubblicazioni previste ratione temporis, alla modifica della denominazione sociale della Penta s.r.l., all’asserita rimproverabilità all’Amministrazione delle carenze procedimentali ritenute in giudizio con connesso affidamento, all’asserita illegittimità dei pareri resi dalla Regione Lazio e dall’Ente Parco del Circeo.
In altri termini, è irrilevante l’esame delle censure del ricorso principale di primo grado, poiché rivolte avverso atti successivi, rispetto a quelli annullati con la sentenza di primo grado, che merita conferma.

5. Per le ragioni che precedono l’appello è infondato e deve essere perciò respinto.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo a favore delle società Maga Circe, Vi.ge.dal., Alf e del Comune di San Felice Circeo e della Regione Lazio, sussistendo motivi per la compensazione nei confronti delle altre parti intimate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello in epigrafe n. 7297 del 2011.
Condanna la s.r.l Porto del Circeo, appellante, al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio che liquida nel complesso in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre gli accessori di legge se dovuti, ripartiti in euro 2.000,00 (duemila/00) in a favore di ciascuno degli appellati s.n.c. Maga Circe, s.r.l. Vi.ge.dal., s.r.l. Alf, Comune di San Felice Circeo, Regione Lazio.
Compensa le spese del grado nei confronti degli altri intimati.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 05/03/2013

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