Sulla (cor)responsabilità del Segretario Comunale – Corte dei Conti, 2^ Appello, 1 febbraio 2013 n. 41

In presenza di deliberazione della Giunta Municipale relativa al riconoscimento di mansioni superiori ad un dipendente, palesemente illegittima e dannosa anche per l’indebito pagamento di retribuzioni di posizione e di risultato, sussiste la colpa grave del Segretario comunale laddove non renda alcun parere sulla regolarità della deliberazione e verbalizzi senza nulla osservare, in violazione dei suoi obblighi di assistenza giuridico-amministrativa (istruttoria e consultiva) agli organi politici, poichè deve presumersi conosca tale normativa nel dettaglio, sia per dovere d’ufficio, sia per l’esperienza e la preparazione professionale presumibile dalla categoria di appartenenza. [AA]

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO

Nelle persone dei seguenti magistrati:
Enzo Rotolo – Presidente
Stefano Imperiali – Consigliere
Angela Silveri – Consigliere
Luigi Cirillo – Consigliere relatore
Daniela Acanfora – Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sull’appello  iscritto al  n. 27848  del  registro  di  segreteria,  e  depositato in  data 19.12.2006, proposto avverso la sentenza n. 1691/2006 della Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, depositata in data 18.9.2006,  proposto

DA

1.    Paolo GRAZIANO,
2.    Massimo MONI,
3.    Giuseppe SARDELLI,
4.    Antonio TUCCIARONE,
5.    Vittorio CARUSO,
6.  Paolo TAGLIALATELA,
7.  Raffaele CHIANESE,
8.    Francesco MARZIALI,
tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Vincenzo Colalillo, e con lui elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Albalonga n.7, presso lo studio dell’Avvocato Clementino Palmiero, giusto mandato a margine dell’appello

CONTRO

IL PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DEI CONTI
IL PROCURATORE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO
domiciliati presso la Procura Generale in Roma, alla Via Baiamonti n.25

Visti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi nella pubblica udienza del giorno 14 giugno 2012 il relatore consigliere Luigi Cirillo, nonché il V.P.G. dott. Francesco D’Amaro, che chiedeva la conferma della sentenza di primo grado; nella stessa udienza, nessuno comparso per il difensore costituito degli appellati, che nella memoria depositata il 26.1.2011 richiamava le argomentazioni del gravame, insistendo per il suo accoglimento.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con sentenza n.1691/2006 la Sezione Lazio dichiarava la responsabilità amministrativa di GRAZIANO Paolo, CHIANESE Raffaele, CARUSO Vittorio, MONI Massimo, TAGLIALATELA Paolo, SARDELLI Giuseppe, TUCCIARONE Antonio e MARZIALI Francesco per l’indebito pagamento di retribuzioni di posizione e di risultato ad un dipendente del Comune di Minturno (Geom. Violo), assegnato a mansioni superiori in violazione dei limiti di legge, in forza di delibere (nn. 387/1999 e 71/2000) della Giunta comunale composta dal GRAZIANO Paolo in qualità di sindaco, dal CHIANESE Raffaele in qualità di vicesindaco, e dagli altri convenuti in qualità di assessori, nel periodo in cui il MARZIALI Francesco era segretario generale del Comune.
In forza di questo titolo, la sentenza condannava i convenuti al risarcimento del danno per il complessivo importo di €. 8.500,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali (la rivalutazione monetaria, dalla data della prima corresponsione della retribuzione di posizione, nonché gli interessi legali, dalla data di deposito della sentenza) da ripartirsi in parti uguali tra ciascuno di essi nonché al pagamento delle spese di giudizio (per complessivi € 865,72).
In punto di diritto, la sentenza evidenziava che – come precisato anche dal Dipartimento della Funzione Pubblica a seguito di richiesta di informative – negli enti locali il conferimento di mansioni superiori era ammissibile solo nei limiti della qualifica immediatamente superiore e per tempo limitato, previa messa a concorso del posto  (ai sensi dell’art.56 D.Lgs. 29/1993 come modificato dagli artt. 24 e 43  D.Lgs. 80/1998 e dall’art.15 D.Lgs. 387/1998, dell’art. 52 comma 2 Lett.a D.Lgs. 165/2001, dell’art.15 D.lgs. n. 387/98 e dell’art.8 CCNL autonomie locali del 14.9.2000); mentre era possibile il conferimento di “posizioni organizzative” a personale direttivo senza limiti temporali (art.8 CCNL autonomie del 31.3.1999), a condizione che a tali posizioni corrispondessero determinate mansioni apicali (compiti di elevata responsabilità di prodotto e risultato) e determinate funzioni specializzate (direzione di unità organizzative complesse, o svolgimento di attività di alta professionalità e specializzazione, o attività di staff). In tal caso, le “posizioni” predette dovevano essere affidate a personale classificato nella categoria D, con provvedimento dirigenziale (art. 8-9 CCNL del 31.3.1999), ovvero – nei comuni senza posizioni dirigenziali in organico – anche ai responsabili di uffici e servizi, anche se aventi qualifiche inferiori alla categoria D, con provvedimento del sindaco (art.11 comma 3 CCNL autonomie del 31.3.1999, art. 109 comma 2 D.Lgs. 267/2000), attribuendo ai titolari di tali uffici retribuzioni “di posizione” e “di risultato” variabili a seconda della categoria di appartenenza.
Nella concreta fattispecie la sentenza non escludeva, in linea teorica, che un dipendente di ente locale (appartenente alla categoria C) potesse essere preposto ad una posizione organizzativa superiore (categoria D) con l’attribuzione di retribuzione di posizione e di risultato fin dal CCNL del 31.3.1999 (diversamente da quanto affermato dal P.M., secondo il quale solo l’art.8 comma 6 CCNL del 14.9.2000 avrebbe previsto tale possibilità, in via non retroattiva); ed esprimeva perplessità sul fatto che la “posizione apicale” – posta a base del riconoscimento della retribuzione in contestazione – potesse essere desunta dalla struttura organizzativa dell’Ente (come affermato dal P.M. sulla base del parere dell’A.R.A.N.) anziché sull’attività concretamente svolta dal titolare dell’ufficio.
Tuttavia, la decisione evidenziava che dal 1997 fino al 1.10.1999 l’amministrazione – a parte la qualificazione formale (conferimento di una posizione organizzativa o meno) – aveva riconosciuto al Geom.Violo mansioni superiori direttive (e la relativa retribuzione), con incarichi a tempo determinato, rinnovati per un triennio complessivo. In particolare, con la deliberazione di Giunta Municipale n. 502 del 22.5.1997 era stato conferito l’incarico di responsabile dell’Ufficio lavori pubblici (a causa del pensionamento del precedente titolare dell’ufficio), prorogato a più riprese con successive deliberazioni, finché con le contestate deliberazioni n. 387/1999 e n. 71/2000 tali funzioni erano state confermate e prorogate, ed addirittura era stata conferita al Violo la retribuzione prevista per le “posizioni organizzative” in relazione a tali mansioni.
Pertanto, nel periodo successivo al primo semestre di incarico, il Violo aveva illegittimamente percepito la retribuzione per dette mansioni superiori, sia perché la legge prevedeva il conferimento di mansioni superiori solo per 12 mesi al massimo (laddove esse erano state prorogate per un triennio), sia perché comunque mancavano i presupposti di legge per il conferimento di posizione organizzativa (per i motivi oltre precisati). Inoltre, dal 1.10.1999 al 30.6.2000 era stata corrisposta al Violo la retribuzione per posizione organizzativa direttiva (in forza delle delibere n. 387/1999 e n. 71/2000) in mancanza dei presupposti previsti dall’art.8 CCNL (da coordinare con l’art.11 CCNL), dato che in organico erano previste posizioni di categoria D (direttive) e dato che le mansioni svolte di “responsabile dell’Ufficio Lavori Pubblici” non sembravano caratterizzate da un’elevata responsabilità di risultato o da un’alta specializzazione come richiesto dal CCNL (a prescindere dal regolamento di organizzazione interna dell’Ente che prevedeva livelli organizzativi per “Servizio” sottostanti al livello di “Area”).
Peraltro, la sentenza limitava la condanna – per la complessità interpretativa (“difficoltà di coordinamento”) della normativa contrattuale di settore e per le difficoltà dell’amministrazione comunale di Minturno (piccolo comune) nel reperire personale di livello “dirigenziale” – alla sola retribuzione di posizione corrisposta nel periodo 1.10.1999-30.6.2000 (nove mesi) pari ad € 8.500 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese del giudizio, ripartendo l’addebito in parti uguali tra i convenuti in considerazione del loro pari concorso nella fattispecie in esame.
In particolare, la sentenza evidenziava che i componenti di giunta avevano assunto le delibere causa degli esborsi dannosi in violazione dell’obbligo di garantire trasparenza e massima diligenza (scrupolosità) nella gestione delle risorse comunali; e che il segretario comunale aveva istruito la pratica senza segnalare l’irregolarità della delibera, in violazione dell’obbligo di verificare le deliberazioni degli organi politici dal punto di vista sia della copertura finanziaria sia della legittimità (a prescindere dalla mancanza di potere deliberativo).

2 – Con appello depositato il 19.12.2006 (con riserva di motivi aggiunti) i condannati in primo grado, difesi dall’Avv. Vincenzo Colalillo, chiedevano di annullare o riformare  la sentenza impugnata dichiarando l’assenza di responsabilità degli appellanti, e, in subordine, di esercitare il potere riduttivo, con vittoria di spese, diritti ed onorari dei due gradi di giudizio.
A sostegno delle loro richieste gli appellanti evidenziavano anzitutto la mancanza di condotta antigiuridica, per i seguenti motivi.
a) Gli appellanti erano stati convenuti in primo grado (il Marziali come Segretario comunale, gli altri come componenti della giunta comunale) in relazione alla delibera n. 387/1999 che aveva riconosciuto la retribuzione per posizione organizzativa per sei mesi; ma le successive proroghe esulavano dal presente giudizio di responsabilità.
b) Ai sensi delle norme vigenti, era legittimo attribuire una posizione organizzativa e la relativa retribuzione di € 12.500 annui anche a soggetti preposti a tale posizione a titolo di mansioni superiori, dato che gli artt. 9-10 C.C.N.L. 31.3.1999 non escludevano tali soggetti dal beneficio in contestazione.
c) Inoltre, il termine di 6 mesi per la attribuzione di mansioni superiori poteva essere superato in presenza di obiettive difficoltà di esperimento della gara per l’assunzione di personale e di problemi organizzativi dell’ente, nonché in considerazione della necessità che l’Ente esercitasse i suoi compiti istituzionali.
d) Nella concreta fattispecie, la delibera di G.M. 658 del 3.7.1997 – nell’individuare i responsabili dei servizi – aveva conferito al Violo una “posizione organizzativa” come capo dell’Ufficio lavori pubblici (con potere di assumere atti di gestione), non una mera “supplenza” su tale posto, in quanto egli aveva una professionalità indispensabile per il funzionamento di tale Ufficio e nessun altro nel Comune aveva la necessaria competenza (come si era chiesto di provare anche in primo grado); ed egli aveva svolto i suoi compiti nel migliore dei modi (raggiungendo tutti gli obiettivi prefissati).
e) Ancora, la difesa contestava l’affermazione dell’ARAN (fondata su una “astratta considerazione” della delibera del consiglio comunale n.79 del 1.10.1997), secondo cui nell’ordinamento del Comune all’ufficio ricoperto dal Violo non corrispondeva una funzione “apicale”  e quindi al Violo non poteva riconoscersi una “posizione organizzativa”, ai sensi del CCNL del 1999. Infatti – a parte che a pag. 15 della sentenza si erano palesati dubbi su tale ricostruzione, e che lo stesso ARAN aveva chiarito che solo l’art.15 del CCNL del 2004 (dopo le deliberazioni in contestazione) aveva risolto il dubbio sulla necessità di “funzioni apicali” ai fini della concessione di “posizione organizzativa” – nella concreta fattispecie sussistevano i presupposti per la creazione di tale posizione, in quanto:
aa) il CCNL in realtà consentiva l’attribuzione di posizione organizzativa a personale di categoria C,  in mancanza di una posizione “D” che sapesse svolgere i compiti in questione e qualora l’incaricato fosse in possesso dei requisiti di responsabilità di ufficio e di elevata professionalità (come nel caso in esame);
bb) l’ente non aveva le disponibilità finanziarie per nominare un dirigente (per “situazioni deficitarie”).
f) La difesa affermava poi che, al momento della contestata deliberazione n.387/1999, il Violo era inquadrato (“anche se non di ruolo”) nella categoria D; quindi gli spettava la retribuzione per posizione organizzativa.
Quindi, la difesa affermava che le considerazioni precedenti dimostravano quanto meno la mancanza di dolo e colpa grave dei convenuti, i quali – nel mantenere delle mansioni superiori e la retribuzione di posizione organizzativa con la contestata deliberazione 387/1999 – avevano agito nella convinzione di poter legittimamente porre in essere la contestata delibera, e nell’interesse anche finanziario del Comune.
Infine, quanto al danno, la difesa eccepiva che la creazione di un posto da dirigente avrebbe comportato ulteriori oneri per il Comune (o per incarichi esterni o per assunzione di una nuova unità di personale), e quindi vi era stato un vantaggio per l’amministrazione che eliminava ogni danno, atteso che il Violo aveva fornito una prestazione del tutto analoga a quella di un dirigente; e comunque si chiedeva di esercitare ulteriormente il potere riduttivo.

3 – Con conclusioni depositate il 17.9.2008, la Procura Generale chiedeva di confermare la sentenza impugnata, rigettando l’appello e condannando i convenuti al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.
La Procura contestava anzitutto l’illegittimità del riconoscimento di mansioni superiori e di posizione organizzativa, riportando ampi brani della sentenza impugnata; quindi sosteneva:
a) che non si potessero invocare la ignoranza o la difficoltà interpretativa della normativa vigente;
b) che  lo stato di necessità per il Comune non poteva costituire una scriminante in quanto ciò avrebbe significato una violazione dei principi di legalità e buona andamento dell’azione amministrativa (97 Cost.);
c) che il potere riduttivo era stato già adeguatamente esercitato in primo grado.

4 – Quindi, con separati decreti presidenziali veniva fissata l’udienza del 14.6.2012 per la discussione della causa (concedendo termine per memorie e documenti), e veniva nominato il relatore.

5 – Con memoria depositata il 24.5.2012, preso atto della fissazione dell’udienza, la difesa degli appellanti richiamava le argomentazioni del gravame, insistendo per il suo accoglimento, con le seguenti precisazioni.
a) Anzitutto, quanto alla posizione del segretario comunale (Marziali) la difesa precisava che egli non aveva adottato atti deliberativi, e comunque – nell’ambito delle sue funzioni consultive e collaborative – non aveva riscontrato alcuna illegittimità nel deliberato della giunta comunale in contestazione (n.387/1999), per i seguenti motivi:
- la delibera era congruamente motivata;
- sussistevano i presupposti di legittimità del provvedimento, dato che mancava nell’organico il posto di responsabile del Servizio lavori pubblici di categoria D, ma detto posto poteva legittimamente essere assegnato al Violo, ai sensi della normativa all’epoca vigente (a.3 co.3 CCNL 1999; D.Lgs. 29/1993 come modificato dagli artt. 25 e 43 D.Lgs. 80/1998 e dall’art.15 D.Lgs. 387/1998; regolamento sugli uffici approvato con delibera di G.M. 383 del 9.12.1999);
- la delibera era ispirata ad obiettive esigenze di interesse pubblico anche in senso finanziario (dato che l’attribuzione di mansioni superiori determinava un notevole risparmio per l’Ente).
b) In particolare, il CCNL del 1999 non escludeva la corresponsione della retribuzione per posizione organizzativa al personale incaricato di mansioni superiori  a causa di una vacanza di organico (del posto di responsabile dell’ufficio lavori pubblici).
c) Il termine semestrale di conferimento delle mansioni superiori (la cui violazione era evidenziata nella sentenza impugnata) era  prorogabile qualora la vacanza persistesse per motivi non dipendenti dalla volontà dell’ente.
In specie, benché il termine semestrale fosse stato superato (per “problemi e difficoltà” non chiariti, a causa dei quali non era stata espletata la procedura di concorso per la copertura del posto di responsabile dell’ufficio LL.PP., bandita con delibera 286/1992), il servizio pubblico andava garantito anche dopo la scadenza di detto termine, e non poteva affermarsi un’illegittimità dell’operato dei convenuti, attesa la mancanza di “alternative perseguibili dall’ente” rispetto all’incarico al Violo (l’Ente si sarebbe esposto a responsabilità verso gli utenti, omettendo i suoi servizi).
d) Di fatto il Violo aveva svolto le mansioni superiori e quindi non poteva configurarsi danno, considerata la utilitas comunque ottenuta dal comune con lo svolgimento di mansioni superiori da parte di questo dipendente, senza assunzione di nuovo personale o incarichi esterni o ampliamento di pianta organica (ex art. 1 comma 1 bis L.20/1994).
e) Le circostanze predette provavano altresì la mancanza di colpa grave dei convenuti, in quanto ex ante la soluzione prescelta risultava necessitata, ed ex post il Violo aveva svolto la sua opera correttamente.
f) In ogni caso, doveva escludersi l’illegittimità del conferimento di posizione organizzativa e della relativa retribuzione (peraltro un’illegittimità solo formale, e quindi di per sé insufficiente a fondare la responsabilità amministrativa), in quanto nella concreta fattispecie sussistevano i presupposti (“criteri e finalità”) previsti dal CCNL  per la attribuzione di tale posizione.
Invero, la sentenza impugnata affermava che al Violo era stata riconosciuta una mansione superiore illegittimamente, in quanto egli non rivestiva una posizione apicale (non prevista nell’ordinamento degli uffici), ma non esaminava nel dettaglio il grado di specializzazione e responsabilità delle mansioni da lui svolte. Viceversa, da un lato, l’ordinamento degli uffici comunali (All.A alla delibera del consiglio comunale n.79/1997) prevedeva sì “aree” e “servizi”, ma ciò non escludeva che i responsabili di un “servizio” potessero rivestire posizioni apicali (anzi, già il regolamento evidenziava la difficoltà di reperire figure dirigenziali); dall’altro lato, dato che il regolamento degli uffici riconosceva la posizione organizzativa di responsabile del servizio LL.PP. (di categoria D: delibera 79/1997 citata), non poteva non riconoscersi al Violo – che di fatto ricopriva quella posizione ed aveva svolto funzioni di responsabilità e altamente specializzate – la relativa retribuzione (ai sensi degli artt.8 e 11 CCNL 1999)
g) Ancora, in merito all’elemento psicologico dell’illecito (colpa grave) dei convenuti diversi dal segretario comunale (sul quale cfr. lett.a) si evidenziava che in relazione al contesto in cui era stata posta in essere la contestata deliberazione non risultavano profili di illegittimità (per i motivi sopra precisati), ma semmai risultava un interesse pubblico alla concessione della retribuzione per posizione organizzativa (non potevano prevedersi danni ma semmai vantaggi all’amministrazione, che conferendo all’esterno l’incarico avrebbe sostenuto ulteriori esborsi e causato disservizio), senza contare che non vi erano altre scelte praticabili per garantire il servizio richiesto; e sotto il profilo formale si era utilizzato uno strumento lecito, previsto dal CCNL del 1999 e dalla normativa all’epoca vigente.
g) Infine, si chiedeva il più ampio esercizio del potere riduttivo ai sensi dell’art. 52 comma 2 R.D.1214/1934.

6 – All’ udienza del 14.6.2012, udito il relatore e sentito il Pubblico Ministero che concludeva come in epigrafe, la causa passava in decisione.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

7 – Prima di esaminare il merito della causa, appare opportuna una ricostruzione della vicenda oggetto del giudizio, quale emerge dalle prospettazioni delle parti e dalla documentazione in atti.

7.1 – In data 1.2.2003 perveniva alla Procura presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio una denunzia di danno (doc.1 fasc. P.M.) relativa ad una delibera della giunta comunale del Comune di Minturno (n.71 del 30.3.2000), con la quale si prorogavano illegittimamente le mansioni superiori di categoria D (e la relativa retribuzione di “posizione organizzativa” di Lire 25.000.000 annue), già assegnate con precedente delibera n.387/1999 ad un dipendente di categoria C (Geom. Miolo), in violazione del CCNL del 31.3.1999, che imponeva il riconoscimento di “posizione organizzativa” solo a favore di personale di categoria D (almeno fino al 14.9.2000, data in cui tale retribuzione era stata riconosciuta anche al personale di categoria C).

7.2 – Richieste notizie al Segretario generale del Comune, con informativa del 4.3.2004 (doc. 2 fasc. P.M.) questi precisava quanto segue:
a) anche prima del CCNL del 31.3.1999 e del CCNL del 14.9.2000 (quest’ultimo con effetti retroattivi al 1.4.1999) era legittimo il conferimento della responsabilità di Servizi comunali a personale privo della qualifica dirigenziale, ai sensi della normativa nazionale (L. 127/1997, 80/1998, 191/1998 etc.) e quindi legittimamente erano state conferite al Violo dette mansioni nel 1998-1999, nelle more dell’attuazione del nuovo ordinamento professionale recato da detti CC.CC.NN.L.;
b) per le mansioni superiori erano stati erogati al Miolo € 7.867,62, così computati:
- € 1.075,95 mensili lordi come retribuzione di posizione organizzativa, moltiplicati per sei mesi;
- € 161,30 mensili lordi come indennità di risultato, moltiplicati per sei mesi;
- € 453,12 come differenza tabellare tra C3 e DC1 per il solo primo trimestre dal 1.10.al 31.12.1999.

7.2.1 – Allegata alla informativa vi era  una serie di deliberazioni relative alla preposizione del Geom. Violo al Servizio lavori pubblici ed al conferimento a suo favore della retribuzione di posizione e risultato prevista per i titolari di posizioni organizzative, dalle quali si desume quanto segue.
a) Con delibera di giunta comunale n. 658 del 3.7.1997 erano stati individuati i “responsabili dei servizi”(es. Capo Sezione urbanistica, Capo Sezione amministrativa) tra i quali era ricompreso, alla lett.g,, non un “Capo Sezione” bensì “Ufficio Lavori Pubblici – Geom. Carmine Violo” (in quest’ufficio operavano due “servizi”). La delibera prevedeva altresì “di affidare ai predetti dipendenti la responsabilità del Servizio e dei servizi per ciascuno di essi indicato, con il potere di assumere atti di gestione”.
b) Quindi, con delibera del consiglio comunale n.79 del 1.10.1997 si approvava il Regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e servizi (con il dissenso del consigliere Colacicco, motivato per la mancanza di criteri per la valutazione dei risultati), prevedendo una articolazione degli uffici per “Aree, Servizi ed Uffici” (ognuno articolazione interna del precedente) e la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato per figure apicali, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva.
c) Con delibere di giunta comunale n. 2 del 20.1.1998 e n. 236 del 16.7.1999 il geom. Violo veniva confermato quale responsabile dell’ “Ufficio LL.PP.” (mentre per gli altri incaricati era previsto un posto di “Capo Sezione”).
In particolare, in questa seconda delibera, recante il favorevole parere di regolarità tecnica del convenuto Francesco MARZIALI (segretario generale, peraltro assente alla votazione: in precedenza vi era un altro segretario), si conferivano gli incarichi suddetti, dando atto che l’art.11 CCNL del 31.3.1999 consentiva la attribuzione di incarichi  direttivi e delle  relative retribuzioni ai responsabili di uffici e servizi già autonomamente istituiti nell’ordinamento dell’ente, qualora il comune fosse privo di posizioni dirigenziali (a.51 comma 3-bis L.142/1990 e succ. modd.) e richiamando le delibere con cui si era provveduto all’organizzazione dei servizi (delibb. giunta comunale 2, 163, 188, 290, 392, 393/1998).
d) Con deliberazione di Giunta Comunale n. 308/1999 del 9.9.1999 (presenti tutti i convenuti, e con il parere favorevole del MARZIALI) venivano individuate le aree, i servizi e le connesse responsabilità gestionali (tra cui il Servizio viabilità, illuminazione pubblica, servizio idrico, gestione beni demaniali e patrimoniali e servizi produttivi).
Sulla base di tale delibera , con provvedimento del sindaco in pari data (9.9.1999) venivano individuati i responsabili dei vari servizi e determinata la relativa indennità di funzione, ed in particolare veniva riconosciuta un’indennità di Lire 25.000.000 annue al Violo, nominato responsabile del Servizio viabilità; tale provvedimento (così come la delibera di Giunta) richiamava le norme che attribuivano al sindaco il potere di nominare i responsabili dei servizi (art. 2 comma 12 L.191/1998, modificativo dell’art.6 comma 29 L.127/1997), le norme che consentivano ai Comuni con organico privo di dirigenti di conferire le funzioni apicali (dirigenziali) ai responsabili degli uffici e dei servizi (art. 6 comma 3 L.127/1997 e 51 comma 3-bis L.142/1990), confermate dallo statuto dell’ente.
e) Infine, con deliberazione n. 387/99 del 9/12/1999 (presenti tutti i convenuti, e con l’assistenza del Segretario generale verbalizzante Francesco MARZIALI, che tuttavia non rendeva il parere ex art.53 L.142/1990 reso sulle precedenti deliberazioni), la Giunta dispose la “assegnazione temporanea di mansioni superiori al geom. Carmine Violo ex 6^ q.f. D.P.R.333/1990” (attuale categoria C2) con “decorrenza dal 1/10/99 per massimo mesi sei, salvo proroga, ai sensi del CCNL 1998-2001 art.3 comma 3”  ed alle condizioni previste dall’art.56 D.Lgs. 29/1993 e succ. modd., confermando il suo incarico come Caposezione lavori pubblici (posto riservato alla categoria D1).
Nelle premesse della delibera si dava atto che con delibera di giunta comunale 502/1997 erano state già conferite al Violo mansioni superiori (di direttivo di 7^ ctg) a causa del pensionamento del responsabile Ufficio LL.PP. Geom. Striffolino, e che gli erano state confermate nel tempo queste mansioni superiori con successive delibere di giunta comunale (nn. 658,1146,1156/1997; 2, 290, 392/1998; 95/1999); e che – alla data della delibera – nell’organico dell’ente risultava vacante il posto di Responsabile LL.PP. (di categoria D1) che era stato messo a concorso con deliberazione n. 386 del 9.12.1999, onde nelle more occorreva conferire mansioni superiori a termine al Violo in attesa dell’espletamento della procedura.
Quindi, la delibera riconosceva al Violo, sotto il profilo economico, Lire 636.000 per il semestre di mansioni superiori (pari alla differenza tra la retribuzione in godimento di categoria C2 e quella spettante per il posto ricoperto di categoria D1), ma stabiliva altresì “di confermare al dipendente di che trattasi la quota parte della retribuzione di posizione rapportata alla durata in mesi dell’incarico conferito dal sindaco ai sensi della legge 191/98, che sarà attribuita per la quota parte  di durata della permanenza nell’area delle posizioni funzionali di Responsabile di Servizio”.

7.3 – Trasmesso l’invito a dedurre del 13.9.2004 (doc. 3 fasc. P.M.), all’esito delle controdeduzioni dei convenuti del 22.11.2004 (doc. 4 fasc. P.M.) su richiesta del P.M. veniva reso un parere del Dipartimento della Funzione pubblica (prot. n. 17450/04/1.2.3.4 del 30.12.2004: doc.5 fasc. P.M.), nel quale anzitutto si evidenziava che le contestazioni del P.M. afferivano al conferimento di posizione organizzativa, mentre con la delibera contestata si erano conferite mansioni superiori (precisando la differente disciplina dei due istituti, ovvero, rispettivamente, gli artt. 8 e 11 CCNL 31.3.1999, art.109 comma 2 D.Lgs. 267/2000, e gli art.52 comma 2 D.Lgs. 165/2001, 24 lett. f CCNL 1.4.1999 e 8 CCNL 14.9.2000), quindi si manifestavano perplessità sulla competenza della Giunta Comunale nella materia, attribuita dalla legge ai dirigenti o in mancanza al sindaco (art.109 comma 2 D.Lgs. 267/2000).

7.3.1 – Concessa una proroga del termine per l’emissione della citazione con ordinanza n. 12/2005 della Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio (docc. 6-7 fasc. fasc. P.M.), in data 18.5.2005 perveniva alla procura regionale un parere dell’ARAN (doc.8 fasc.fasc. P.M.), nel quale si precisava quanto segue.
a)   Il CCNL del 31.3.1999 (all’art.11) prevedeva espressamente la possibilità, nei comuni privi di dirigenti in organico, di applicare la disciplina retributiva prevista per il personale direttivo (titolari di “posizione organizzativa”, con retribuzione fino a Lire 25.000.000) anche ai responsabili di uffici e servizi (nell’importo stabilito per il personale direttivo se i responsabili erano inquadrati in categoria D, in un importo ridotto fino a Lire 15.000.000 se inquadrati in categoria C o B).
Nella concreta fattispecie, peraltro, era dubbia la presenza dei presupposti per la concessione dell’incarico di posizione organizzativa (e della relativa retribuzione), in quanto:
aa) la posizione organizzativa era stata riconosciuta con riferimento alla titolarità di un “ufficio” che – in base al regolamento di organizzazione dell’ente (che prevedeva una organizzazione per “aree”, “servizi”, “uffici”: delibera del consiglio comunale n.79/1997) – non sembrava corrispondere ad una posizione direttiva “apicale” (che invece era presupposto del beneficio, ai sensi dell’art.8 CCNL 3.3.1999 e dell’art.15 CCNL 22.1.2004: all.5-6 al parere ARAN);
bb) anche nella vigenza dell’art.109 comma 2 D.Lgs. 267/2000 (che conferiva ai Comuni la facoltà  di attribuire posizioni organizzative a prescindere dalla qualifica del dipendente incaricato), in forza dei contratti collettivi di settore non si poteva conferire un incarico di posizione organizzativa a personale di categoria C, qualora in organico fossero previste posizioni di categoria D (come disposto dall’art.11 CCNL 31.3.1999 e dall’art.8,  comma 2 CCNL del 5.10.2001: cfr. allegati n.4-7 al parere reso al P.M.).
b) In ogni caso, il conferimento di mansioni superiori al Violo, in possesso della categoria C, era irrituale per i seguenti motivi:
aa) l’incarico si era protratto ininterrottamente dal 1997 al 31.3.2000, in violazione del limite di sei mesi prorogabile a dodici per questo tipo di incarico (previsto dall’art. 56 D.Lgs. 29/1993, nel testo modificato dal D.Lgs. 80/1998);
bb) l’incarico (con la relativa indennità di posizione) era stato riconosciuto in modo retroattivo (delibera 387 del 9.12.1999, con decorrenza dal 1.10.1999).
c) Ancora, la retribuzione di posizione era stata corrisposta per un importo mensile corrispondente all’importo annuo di Lire 25.000.000 (pari ad € 12.911,42, che diviso 12 mesi è pari agli € 1.075,95 corrisposti mensilmente), ovvero all’importo massimo riconoscibile al personale di categoria D (laddove l’art.11 CCNL prevedeva i dipendenti inquadrati in categoria C una retribuzione di posizione tra 6 e 15 milioni di lire annui), e la retribuzione di risultato era stata corrisposta con acconti mensili senza alcuna verifica dei risultati (in violazione dell’art.10 del CCNL del 31.3.1999).
d) Infine, il danno computato nella nota del Segretario Generale considerava una progressione in carriera da C3 a C4 non considerabile nel computo del dovuto.

8  – Premessa questa ricostruzione dei fatti, in punto di diritto l’appello risulta solo parzialmente accoglibile, per i motivi che seguono.

8.1  – Va anzitutto precisato che la sentenza non è stata impugnata dal P.M. nella parte in cui non considera come danno risarcibile le retribuzioni per mansioni superiori riconosciute dal 1997 al 1.10.1999, in considerazione della complessità d’interpretazione della normativa contrattuale e della difficoltà di reperire figure professionali da mettere a capo dell’ufficio lavori pubblici del Comune di Minturno in quel periodo (cfr. § 1 in fine).
Pertanto, in questa sede si deve considerare come oggetto dell’appello solo il danno derivante dal pagamento di retribuzioni e di risultato nel periodo 1.10.1999-30.6.2000, causato dalle delibere di giunta nn.387/1999 e 71/2000 (riconducibili a condotte dei convenuti); danno liquidato dal giudice di primo grado in € 8.500,00.
Demandando al seguito ogni valutazione sull’antigiuridicità di tale esborso, e sulla possibilità o meno di considerarlo come danno risarcibile e sull’esercizio del potere riduttivo, ed attesa l’assenza di ogni contestazione in merito alla sua liquidazione da parte del giudice di primo grado, deve ritenersi presuntivamente provato un esborso pari alla somma suddetta, sulla scorta della nota segretariale del 4.3.2004, che già per le sole somme corrisposte fino al 31.3.2000 (anziché al 30.6.2000) attesta un pagamento di € 7.867,62 complessivi (cfr. § 7.2)

8.2  – Deve quindi precisarsi che è incontestato, e comunque è provato in atti un nesso causale adeguato (immediato  e diretto) tra le condotte dei convenuti e l’esborso suddetto.
Infatti, l’esborso ha trovato titolo nella delibera di Giunta comunale n. 387/99 del 9/12/1999, con la quale non solo si conferivano le mansioni superiori al geom. Carmine Violo (ex 6^ q.f. D.P.R.333/1990”, attuale categoria C2) per sei mesi (dal 1/10/99), ma si confermavano il suo incarico come “responsabile di Servizio” (responsabile Ufficio lavori pubblici, posto riservato alla categoria D1) e la relativa “retribuzione di posizione”; e tale deliberazione è stata resa con il voto favorevole di tutti i convenuti e con l’assistenza del Segretario Generale verbalizzante Francesco MARZIALI, il quale non solo non rendeva il parere sulla delibera previsto dall’art.53 L.142/1990 (reso nelle precedenti deliberazioni), ma verbalizzava altresì l’atto senza nulla osservare sulla sua legittimità (cfr. § 7.2.1.e), rendendo così possibile l’adozione dell’atto stesso.

8.3  – Orbene, la maggior parte dei motivi di appello si incentrano su una pretesa mancanza di antigiuridicità di tali condotte, poiché la difesa dei convenuti afferma la legittimità della delibera 387/1999 (che a partire dal 1.10.1999 conferiva al geom. Violo la “posizione organizzativa”, e la relativa retribuzione, a titolo di mansioni superiori), per i seguenti motivi.
a) In primo luogo, l’art.11 CCNL del comparto autonomie locali del 31.3.1999 ammetteva il conferimento di tali posizioni a personale di categoria C o B qualora il Comune, nell’ambito della sua discrezionalità organizzativa, avesse ritenuto di nominare un dipendente appartenente a tali categorie come responsabile di Servizio comunale (normalmente, di categoria D), anche a titolo di mansioni superiori. Secondo la difesa, nella concreta fattispecie la delibera di G.M. 658 del 3.7.1997 e le successive deliberazioni (cfr. § 7.2.a-d) avevano attribuito al Geom. Violo la responsabilità dell’Ufficio Lavori Pubblici (con potere di assumere atti di gestione), non una mera “supplenza” su un posto di categoria D, in quanto mancava personale di categoria D dotato della professionalità necessaria a svolgere tali mansioni ed il Violo aveva una professionalità indispensabile per il funzionamento dell’ufficio comunale (come si era chiesto di provare anche in primo grado); ed egli aveva svolto i suoi compiti nel migliore dei modi (raggiungendo tutti gli obiettivi prefissati). In altri termini, era stata creata una “posizione organizzativa” (in base all’art.11 predetto), che legittimava l’attribuzione della relativa retribuzione di posizione e risultato di € 12.500 annui, dato che gli artt. 9-10 C.C.N.L. 31.3.1999 non escludevano dal beneficio in contestazione i soggetti cui fosse stata attribuita una posizione organizzativa a titolo di mansioni superiori.
b) In secondo luogo, l’appello afferma l’ esistenza dei presupposti di fatto e di diritto per il conferimento di posizione organizzativa di ctg. D al Violo, per i seguenti motivi.
aa) Anzitutto, la difesa contesta sotto due profili l’affermazione dell’ARAN, secondo cui presupposto del conferimento di una posizione organizzativa sarebbe la titolarità di una “posizione apicale” desunta dall’ordinamento interno dell’Ente, laddove nella concreta fattispecie il “Servizio LL.PP.” cui era preposto il Violo non sarebbe stato apicale in base a detto ordinamento. In specie, la difesa eccepisce che, da un lato, tale interpretazione del regolamento di organizzazione dell’ente sarebbe dubbia (pag. 15 della sentenza), dovendosi desumere la “apicalità” dell’ufficio non dalla struttura organizzativa dell’ente ma dalle mansioni svolte dal responsabile dell’ufficio stesso (che nel caso di specie sarebbero state apicali); dall’altro, che solo con l’art.15 del CCNL di settore del 22.1.2004 sarebbe stato chiarito che possono essere attribuite “posizioni organizzative” solo ai “responsabili di strutture apicali”.
bb) Più in generale, l’appello contesta la sentenza nella parte in cui afferma la mancanza dei presupposti per il conferimento di “posizione organizzativa”, previsti dal CCNL, in quanto:
- il CCNL in realtà consentiva l’attribuzione di posizione organizzativa “apicale” (di categoria D) anche a personale di categoria C, in mancanza di personale inquadrato in categoria “D” che sapesse svolgere i compiti in questione, sempreché l’incaricato fosse in possesso dei requisiti di responsabilità di ufficio e di elevata professionalità; e nel caso in esame il Violo ne era in possesso, secondo l’appello;
- l’ente non aveva le disponibilità finanziarie per nominare un dipendente o affidare un incarico per coprire il posto vacante di categoria D (per “situazioni deficitarie”); ovvero, vi era un interesse comunale al conferimento di mansioni superiori (venendosi a risparmiare le maggiori retribuzioni derivanti da una nuova assunzione).
c) In terzo luogo, la difesa degli appellanti afferma la legittimità del conferimento di retribuzione di posizione organizzativa di ctg. D a titolo di mansioni superiori, sotto due profili.
aa) Anzitutto, il CCNL (aa.9-10)  non escludeva il conferimento della retribuzione per posizione organizzativa ai soggetti che, benché inquadrati in categoria inferiore alla D,  fossero di fatto titolari di quella posizione organizzativa a titolo di mansioni superiori; nella concreta fattispecie, al momento della contestata deliberazione n.387/1999, il Violo era inquadrato (“anche se non di ruolo”) nella categoria D, onde gli spettava la retribuzione per posizione organizzativa.
bb) Inoltre, quanto al limite di sei mesi per la attribuzione di mansioni superiori a titolo di supplenza, la difesa eccepisce che esso poteva essere superato per obiettive difficoltà di esperimento del concorso per l’assunzione di personale, per interesse economico dell’ente (risparmi di spesa) e per stato di necessità (in specie per la mancanza di alternative praticabili al conferimento di mansioni superiori, al fine di consentire all’Ente di esercitare i suoi compiti istituzionali).

8.3.1 – Le suddette affermazioni difensive, sulla pretesa legittimità della deliberazione n.387/1999, non possono essere condivise, per i motivi che seguono.

8.3.2 – Anzitutto, in merito al preteso conferimento di “posizione organizzativa”, indubbiamente l’art.51 comma 3-bis L.142/1990 (poi recepito nell’art.109 comma 2 D.Lgs. 267/2000) prevede che, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, le funzioni di direzione possono essere attribuite ai “responsabili degli uffici” “indipendentemente dalla loro qualifica funzionale”, e quindi (apparentemente) anche a personale di categorie non direttive.
E’ altresì indubbio che la disciplina dei CCNL ha recepito tali principi con norme stratificate nel tempo e progressivamente specificate.
Infatti, correttamente la sentenza impugnata evidenzia che il CCNL autonomie locali del 31.3.1999 prevedeva il conferimento di “posizioni organizzative” (ai sensi dell’art.51 comma 3 bis citato) a favore di personale non dirigente senza limiti temporali, a condizione che a tali posizioni corrispondessero determinate mansioni apicali (compiti di elevata responsabilità di prodotto e risultato) e determinate funzioni specializzate (direzione di unità organizzative complesse, svolgimento di attività di alta professionalità e specializzazione, attività di staff o vigilanza e controllo); in tal caso, era altresì previsto che le posizioni predette fossero di norma affidate a personale classificato nella categoria D, con provvedimento dirigenziale (art. 8-9 CCNL del 31.3.1999). Tuttavia, in deroga a tale norma, era previsto che – nei comuni senza posizioni dirigenziali in organico, che si fossero avvalsi della facoltà ex art.51 comma 3-bis L.142/1990 – le “posizioni organizzative” suddette potessero essere affidate a dipendenti responsabili di “uffici e servizi formalmente individuati secondo il sistema organizzativo autonomamente definito e adottato”,  in specie ai dipendenti inquadrati in categoria D (cui spettava una retribuzione di posizione da  10 a 25 milioni di Lire : art.10, art.11 comma 2 CCNL), ovvero, “nel caso in cui siano privi di posizioni della categoria D”, a dipendenti inquadrati nelle categorie C o B (cui spettava una retribuzione di posizione da 6 a 15 milioni di Lire: cfr. art.11 comma 3 CCNL, art. 109 comma 2 D.Lgs. 267/2000).
Tuttavia, le disposizioni suddette non chiariscono se la “mancanza di posizioni della categoria D” debba intendersi in senso assoluto, nel senso che sia possibile assegnare posizioni organizzative a personale di categoria C o B solo se non sia prevista in organico nessuna posizione organizzativa di categoria D, ovvero se sia possibile che l’organico dell’ente preveda per alcuni servizi un responsabile di categoria D e per altri un responsabile di categoria C o B. La prima tesi (che implica la impossibilità di attribuire mansioni superiori di categoria D al dipendente di categoria C, qualora siano previste in organico posizioni organizzative di ctg.D, anche se in altri settori) è stata accolta dal parere ARAN del 4.12.2000  e recepita nel successivo CCNL del 5.10.2001 (cfr. § 7.3.1.bb), ma non è di immediata evidenza.
Inoltre, è vero che – ai sensi dell’art.8 CCNL del 31.3.1999 – la titolarità di “posizione organizzativa” (e della relativa retribuzione), da assegnare esclusivamente a personale di categoria D, presupponeva una “assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e risultato” e l’attribuzione delle seguenti mansioni:
a) attività di direzione di unità organizzative con elevata autonomia gestionale e organizzativa;
b) attività con contenuti di “alta professionalità e specializzazione correlate a diplomi di laurea e/o di scuole professionali e/o alla iscrizione ad albi professionali”;
c) attività di staff e/o studio, ricerca, ispettive, di vigilanza e controllo.
Peraltro, per i piccoli comuni l’art.11 citato prevede espressamente l’ipotesi di posizioni organizzative a personale di categoria C o B; e – anche senza considerare l’astratta possibilità che un geometra (iscritto al relativo albo) possa reggere un ufficio di lavori pubblici di un piccolo comune (senza significative attività di lavori pubblici) dirigendo personale di qualifica inferiore con responsabilità di vigilanza – solo con l’art.15 del CCNL 22.1.2004 (§ 7.3.1.aa) è stato espressamente chiarito che l’“apicalità delle funzioni” è presupposto della titolarità di posizione organizzativa.

8.3.3 – Tanto premesso, è tuttavia evidente che l’art. 11 CCNL del 31.3.1999 sopra citato non consentiva la automatica attribuzione di categoria D a personale di categoria C nominati responsabili di uffici comunali; a prescindere da quanto eccepito dalla difesa, sia circa il fatto che nei piccoli comuni (aventi scarse esigenze di servizio e scarse risorse) la normativa di settore consentisse il conferimento di posizioni organizzative di “responsabile di ufficio” (e della relativa retribuzione di posizione e risultato) a personale di categoria C anziché a personale D come di consueto (§ 8.3.a); sia circa il fatto che nella concreta fattispecie vi fossero o meno tutti i presupposti previsti dal CCNL  per il conferimento di posizione organizzativa (cfr. § 8.3.b); sia, infine, circa il fatto che tale normativa non fosse sufficientemente chiara da consentire di imputare ai convenuti una colpa grave nell’attribuzione al Violo di tale posizione (come pretende la difesa dei convenuti: cfr. § 8.3.a,b).
Infatti, detto art.11 – al limite – avrebbe potuto consentire eccezionalmente agli enti minori di attribuire posizioni organizzative a dipendenti di categoria C nominati responsabili di uffici o servizi dell’ente, a condizione che nell’ordinamento interno (regolamento organico) fossero “formalmente individuati” quegli “uffici e servizi” i cui responsabili potessero essere dipendenti di categoria C (di concetto), anziché di categoria D come di norma (cfr. § 8.3.2).
Viceversa, nella concreta fattispecie, dalla parte motiva e dalla parte decisoria della delibera di giunta comunale n. 387/2009 emerge con chiarezza che il Violo – responsabile dell’ufficio lavori pubblici fin dal 1997 in forza di reiterate proroghe – era stato inquadrato nella categoria C2, e che con la delibera in esame gli erano state riconosciute per sei mesi mansioni superiori in qualità di “Caposezione lavori pubblici, categoria D1”, in attesa dell’espletamento del concorso per la copertura di quel posto, ai sensi dell’artt.56 D.lgs. 29/93 e succ.modd. e dell’art.3 comma 3 CCNL, espressamente richiamato in motivazione (§ 7.2.1.e).
In altri termini, non risulta che l’ordinamento interno dell’ente o la delibera in questione prevedessero che la posizione organizzativa di “responsabile dell’ufficio LL.PP.” fosse ricoperta da un dipendente di categoria C , bensì prevedevano che tale posto fosse coperto da personale di categoria D, sia perché la delibera specificava espressamente che il posto di Caposezione era di categoria “D1”, sia perché – altrimenti – non vi sarebbe stato alcun bisogno di conferire tale superiore categoria al Violo con la delibera in questione, riconoscendogli non solo la differenza retributiva  tra la qualifica di appartenenza e quella superiore, ma anche  la relativa “retribuzione di posizione organizzativa” (di categoria D) per tutta la durata dell’incarico di responsabile dell’ufficio (cfr. § 7.2.1.e).
Inoltre, come evidenziato dal P.M. nell’atto di citazione, la delibera in esame (riconoscendo la categoria D al Violo) ha consentito di pagare al dipendente non solo la differenza tra la retribuzione della categoria C di appartenenza e la categoria D (per la quale vi è stata assoluzione in primo grado, incontestata in appello), ma anche la retribuzione di posizione organizzativa di categoria D, pari a:
- € 1.075,97 mensili di retribuzione di posizione, che rapportati ad anno equivalevano al massimo attribuibile alla categoria D (25 milioni di vecchie Lire all’anno: cfr. § 7.3.1.c),
- € 161,30 mensili di retribuzione di risultato (pari al 15% della retribuzione di posizione), conferiti peraltro mensilmente a prescindere dalla valutazione dei risultati (§ 7.2).
Viceversa, ai sensi del CCNL il conferimento di posizione organizzativa a dipendenti di categoria C avrebbe dato titolo all’attribuzione di una retribuzione di posizione massima da 6 a 15 milioni di vecchie Lire l’anno (cfr. § 7.3.1.a,c), e ad una retribuzione di risultato proporzionalmente ridotta (essendo il 15% di quella di posizione).
Pertanto, la delibera in esame, che confermava la retribuzione per “posizione organizzativa” sulla base del riconoscimento di mansioni superiori direttive era senz’altro illegittima, sia sotto il profilo normativo, in quanto nell’ordinamento del comune era prevista una “posizione organizzativa” di responsabile dell’ufficio LL.PP. riservata non ad un dipendente di categoria C, ma ad un dipendente di categoria D; sia sotto il profilo dell’economicità ex art. 97 Cost. e 1 L.241/1990, in quanto  se l’ente avesse inteso conferire al Violo una posizione organizzativa come responsabile dell’Ufficio LL.PP., l’art.11 CCNL avrebbe consentito di erogare a questi la retribuzione di posizione di categoria C, molto inferiore di quella corrisposta (da 6 a 15 milioni di vecchie lire l’anno anziché 25 milioni l’anno).

8.3.4 – Quanto, poi, alla pretesa legittimità del conferimento di mansioni superiori (e solo di conseguenza della retribuzione per posizione organizzativa) da parte della delibera n.387/1999, a prescindere le considerazioni difensive circa la mancanza nel CCNL di ogni limitazione al riconoscimento di  retribuzione di posizione organizzativa a un dipendente cui sia stata attribuita tale posizione a titolo di mansioni superiori, è incontestabile che tale delibera non rispettava il termine massimo di conferimento delle mansioni superiori stesse, previsto dall’art.3 comma 3 CCNL, dall’art.56 D.Lgs. 29/1993 e succ. modd., e dall’art.52 comma 2 lett.a D.Lgs. 165/2001, secondo i quali l’attribuzione di mansioni superiori, nel caso di vacanza di posto in organico, poteva essere disposta per non più di sei mesi, prorogabili a dodici nel caso in cui fossero state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti (come nel caso in esame).
Tali disposizioni non prevedono né una proroga eccedente i sei mesi (oltre i sei già concessi) in caso di difficoltà nell’espletamento del concorso, né altre cause giustificative del superamento del termine prefissato; e quindi non hanno rilievo esimente le considerazioni difensive circa pretesi motivi giustificativi della violazione del termine (obiettive difficoltà di esperimento del concorso per l’assunzione di personale, interesse economico dell’ente risparmi di spesa, impossibilità di soluzioni alternative: cfr. § 8.3.c).

8.3.5 – Per questi motivi, è indubbio che la delibera in esame fosse illegittima, per violazione di precise norme di legge e contrattuali.

8.4 – Analogamente infondati sono i motivi di appello relativi alla pretesa mancanza di colpa grave dei convenuti.
Invero, la difesa invoca alcuni elementi di dubbio sull’illegittimità e sulla dannosità della deliberazione in contestazione, ipoteticamente incidenti sulla colpa (ovvero l’astratta ammissibilità-legittimità sia del conferimento di posizione organizzativa a responsabili di uffici di categoria C in base al CCNL; la sussistenza in concreto dei presupposti di legge per il conferimento di tale posizione; la legittimità del conferimento delle mansioni superiori e quindi della retribuzione di posizione di categoria D, per vacanza di posto in organico; l’onerosità dell’assunzione o dell’incarico ad un soggetto esterno all’ente per la copertura del posto vacante;  la necessità di garantire la continuità del servizio pubblico e la mancanza di soluzioni alternative praticabili). Tuttavia, a tutto voler concedere su tali presunti elementi di dubbio, non si capisce per quale motivo sia stata corrisposta al Violo una retribuzione di “posizione organizzativa” di categoria D, quando il CCNL consentiva la attribuzione di una retribuzione analoga ma di importo molto inferiore per il personale di categoria C (da sei a quindici milioni di lire mensili); né come si fossero conferite mansioni superiori in forza di norme che non consentivano il riconoscimento di tali mansioni per più di dodici  mesi al massimo, quando la contestata delibera n.387/1999 riconosceva che tali mansioni erano state svolte fin dal 1997.
Con la precisazione (ad abundantiam) che, da un lato, la pretesa impraticabilità di soluzioni alternative al conferimento di mansioni superiori al Violo (impraticabilità peraltro non sufficientemente documentata) risulta smentita dalle deliberazioni in atti (in specie dalla delibera n. 308 del 9.9.1999, che attesta la presenza di altro personale laureato in servizio, tra cui un architetto a capo della Sezione Urbanistica) e comunque si manifesta irrilevante (in quanto non è chiaro perché personale esterno non avrebbe potuto garantire la continuità del servizio); dall’altro, l’utilizzo di personale di qualifica direttiva nominato ad hoc non può ritenersi equivalente, sotto il profilo economico, alla attribuzione di mansioni superiori al Violo (per i motivi oltre precisati sub § 8.5).
Inoltre, la motivazione della delibera n.387/1999 dava espressamente atto che l’attribuzione di mansioni superiori di categoria D al Violo, in qualità di responsabile dell’Ufficio LL.PP., era “disciplinata dal vigente CCNL (…) all’art.3 comma 3 ed alle condizioni previste dall’art.56 del D.Lgs. 29/1993 come modificato dal D.Lgs. n. 80/1998, art. 25 e 43, e dal   15 D.Lgs. 387/1998 art.15”; laddove, come sopra precisato (cfr. § 8.3.4), tali articoli espressamente prevedevano che la attribuzione di mansioni superiori, nel caso di vacanza di posto in organico, potesse essere disposta per non più di sei mesi, prorogabili a 12 nel caso in cui fossero state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti (come nel caso in esame). Con la precisazione che la normativa predetta non prevede ulteriori proroghe per altri motivi, invocati dalla difesa a sostegno della pretesa legittimità di tale conferimento.
A fronte di queste norme (espressamente richiamate, e quindi, si presume, note alla giunta) la delibera aveva conferito al Violo le mansioni superiori, nonostante che nella stessa delibera si desse atto che tali mansioni erano state conferite ininterrottamente fin dalla delibera n.502 del 22.5.1997, per molto più dei 12 mesi consentiti dalla legge.
Sussiste quindi la colpa grave dei convenuti per violazione dei loro doveri di servizio, atteso che con un minimo di diligenza si sarebbe immediatamente evidenziata la natura non solo illegittima, ma anche dannosa della deliberazione adottata. In particolare, come sopra precisato (§ 7.2.1.e), il Segretario comunale – che deve presumersi conoscesse tale normativa nel dettaglio sia per dovere di ufficio, sia per l’esperienza e la preparazione professionale presumibile dalla categoria di appartenenza – non rese alcun parere sulla regolarità della deliberazione (reso invece su tutte le altre deliberazioni in atti) e verbalizzò la delibera senza alcuna osservazione, in violazione dei suoi obblighi di assistenza giuridico-amministrativa (istruttoria e consultiva) agli organi politici dell’ente in sede di adozione delle deliberazioni (artt.52, 53 e 58 L.142/1990 nel testo vigente nel 1999, artt.93 e 97 D.Lgs. 267/2000); ed i  componenti della Giunta decisero di confermare le mansioni superiori senza il parere burocratico (del segretario) e a fronte di una evidente illegittimità della delibera stessa che avrebbe imposto tutti gli approfondimenti del caso, in violazione dei doveri di servizio che imponevano ai componenti della giunta la massima diligenza nella gestione di risorse comunali (artt. 58 L.142/1990 e artt.78  e 93 D.Lgs. 267/2000).

8.5 – Passando, per concludere, alla determinazione del danno risarcibile, va anzitutto precisato che già il giudice di primo grado ha correttamente segnalato che la complessità della normativa e la difficoltà di provvedere a coprire il posto vacante giustificavano la limitazione dell’addebito alla sola retribuzione di posizione corrisposta nel periodo 1.10.1999- 30.6.2000, sopra quantificato in € 8.500,00 più rivalutazione monetaria fino alla sentenza ed interessi legali fino al soddisfo.
Tale danno non può essere ridotto per pretesi vantaggi derivati all’Amministrazione dal conferimento di mansioni superiori (come eccepito dalla difesa degli appellanti, ex art 1 comma 1-bis L.20/1994), in quanto,  anche volendo ammettere che nel Comune non vi fosse personale direttivo cui attribuire la posizione organizzativa di “responsabile dell’ufficio lavori pubblici” (il che non è certo: cfr. § 8.4), la copertura di tale posizione con assunzione di impiegato a termine o con conferimento di incarico esterno  avrebbe comunque comportato l’inserimento nell’ente di un laureato, e quindi avrebbe comunque garantito una controprestazione adeguata alla retribuzione corrisposta; laddove nel caso di conferimento di mansioni superiori non può presumersi che vi sia adeguato sinallagma tra retribuzione e prestazione resa da soggetto meno qualificato, e proprio per questo motivo la legge non consente tale conferimento che in casi e per tempi strettamente determinati.
Inoltre, come a più riprese precisato, l’affidamento del posto di responsabile dell’Ufficio LL.PP. non imponeva certo il riconoscimento della retribuzione di posizione organizzativa D a favore del Violo (potendosi riconoscere, in base al CCNL, una retribuzione inferiore).
Peraltro, va evidenziato che indubbiamente – sotto il profilo soggettivo – l’ipotetica possibilità di conferimento di posizione organizzativa a personale di categoria C non giustificava certo l‘attribuzione di una retribuzione mensile ragguagliata  alla retribuzione di posizione massima annuale prevista per la categoria D (lire 25.000.000), ma avrebbe consentito l’attribuzione della minore retribuzione massima prevista per la categoria C (lire 15.000.000).
Inoltre, se lo svolgimento di mansioni superiori da parte del Violo non può ritenersi di per sé un “vantaggio” che esclude il danno (per i motivi predetti), non può ritenersi del tutto privo di utilità per l’ente, anche per la maggiore continuità del servizio che si garantisce in tali ipotesi.
Pertanto, in relazione a queste ulteriori circostanze non adeguatamente esaminate in primo grado, in parziale accoglimento dell’appello può ulteriormente applicarsi il potere riduttivo ex art. 52 R.D.1214/1934, condannando quindi i convenuti al pagamento della minor somma complessiva di € Euro Ottomila/00 (€ 8.000,00) comprensivi di rivalutazione monetaria fino alla sentenza di primo grado; condanna da dividersi pro-quota in otto parti uguali, in quanto il concorso causale di ognuna delle condotte dei sette componenti di giunta al danno (tutte di pari rilevanza causale, trattandosi di delibera collegiale) deve ritenersi equivalente al concorso causale della condotta del Segretario Marziali (poiché a questo appellante non può imputarsi la deliberazione ma solo una omissione in fase istruttoria e consultiva, anche se tale omissione risulta particolarmente colposa per la specifica competenza professionale del Marziali).

9 – Sulla somma dovuta da ognuno dei convenuti, sopra precisata, sono altresì dovuti da ogni convenuto interessi legali dalla data di deposito della sentenza di primo grado al soddisfo,come per legge.

10 – Ai sensi dell’art.92 cpv. c.p.c., attesa la solo parziale fondatezza dell’appello, possono parzialmente compensarsi tra le parti le spese dei due gradi di giudizio, lasciando ferma la condanna alle  spese di primo grado (attesa la conferma della responsabilità amministrativa dei convenuti) e compensando le spese dell’appello (attesa la riduzione della condanna).

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti – Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunziando, ogni diversa e contraria istanza, azione, eccezione o deduzione disattesa o reietta,
- in riforma della sentenza n 1691/2006 della Sezione giurisdizionale per la  Regione  Lazio, accoglie parzialmente l’appello n. 27848, e condanna i convenuti  in primo grado Paolo GRAZIANO, Massimo MONI, Giuseppe SARDELLI, Antonio TUCCIARONE, Vittorio CARUSO, Paolo TAGLIALATELA, Raffaele CHIANESE, Francesco MARZIALI, al pagamento di Euro Ottomila/00 (€ 8.000,00) compresa la rivalutazione monetaria, oltre interessi dalla data di deposito della sentenza di primo grado, il tutto pro-quota a favore del Comune di Minturno, nei sensi di cui in motivazione;
- compensa le spese del giudizio di appello, ferma restando la condanna alle spese di primo grado a favore dell’Erario, contenuta nella sentenza impugnata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2012

Depositata in Segreteria il 1 feb. 2013

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