Esclusione di squadra dal calendario del campionato di calcio – Consiglio di Stato, sez. VI, 31 maggio 2013 n. 3002

Il vincolo della c.d. ‘pregiudiziale sportiva’ di cui agli articoli 2, comma 2 e 3, comma 1 del D.L. 220/2003, impedisce la diretta impugnativa in sede giurisdizionale dell’atto di formazione del campionato – sia quanto alla sua caducazione, sia quanto alle conseguenze risarcitorie – essendo necessario che siano stati previamente percorsi i gradi della giustizia sportiva (nella specie il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e l’Alta Corte di Giustizia Sportiva).
Gli artt. 1, 2 e 3 del D.L. 220/2003 devono essere interpretati, in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, va poi proposta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva.
L’art. 30, comma 3, del Codice del processo amministrativo, l’omessa attivazione degli strumenti di tutela costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza: ne consegue la rilevanza sostanziale, già sul versante causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come elemento idoneo a precludere la risarcibilità dei lamentati danni, che sarebbero stati presumibilmente evitati, secondo un giudizio causale ipotetico, in caso di rituale e tempestiva utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi. [AA]

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3364 del 2011, proposto da USD Sanremese Calcio s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Vinicio Tofi e Gaetano Viciconte, con domicilio eletto presso Alessandro Turco in Roma, largo dei Lombardi, 4

contro

Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58;
Lega Nazionale Dilettanti (LND), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Mario Gallavotti, con domicilio eletto presso Mario Gallavotti in Roma, via Po, 9

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione III-ter, 25 maggio 2010, n. 13266

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) e della Lega Nazionale Dilettanti (LND);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 aprile 2013 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Tofi e l’avvocato Mazzarelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e recante il n. 7450/09 la U.S.D. Sanremese Calcio s.r.l. ha impugnato il provvedimento di formazione del Campionato Nazionale di Serie D per la stagione sportiva 2009-2010 di cui al comunicato Ufficiale n. 23 dell’11 agosto 2009 emesso dalla Lega Nazionale Dilettanti – Comitato Interregionale, nella parte in cui non aveva previsto il suo inserimento tra le squadre partecipanti.
La società appellante ha altresì chiesto l’accertamento del titolo sportivo a partecipare (previo pagamento della quota di iscrizione) al campionato Nazionale di Serie D o, in subordine, al Campionato di Eccellenza, per la stagione sportiva 2009-2010 e la conseguente condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno conseguente alla mancata ammissione alla partecipazione al Campionato Nazionale di Serie D o, in subordine, al Campionato di Eccellenza per le stagioni sportive 2008/2009 e 2009/2010, quantificato in € 3.649.176,47, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
In punto di fatto, la U.S.D. Sanremese Calcio s.r.l. ha esposto che dalla stagione sportiva 2003-2004 ha instaurato con la A.S.D. Carlin’s Boys una collaborazione per la gestione del settore giovanile di entrambe le società, con la denominazione di “Settore Giovanile Unificato Sanremese”.
La Carlin’s era stata delegata dalla ricorrente alla gestione di questo settore, con lo scopo di allestire rose competitive adatte ad affrontare i Campionati nazionali regionali e provinciali. Nell’ambito di questa gestione unificata i giocatori venivano trasferiti da una società all’altra, pur mantenendo i numeri di matricola della società di provenienza.
Con il cambio della Presidenza della Sanremese, nel 2007, detto accordo era stato disdetto.
Il Presidente della A.S.D. Carlin’s Boys aveva chiesto, con raccomandata del 13 agosto 2007, il pagamento dei premi di preparazione riguardanti 17 giocatori appartenenti al Settore Giovanile Unificato Sanremese.
La Commissione Premi di Preparazione della F.I.G.C. aveva accolto i ricorsi presentati dalla Carlin’s Boys avverso la Sanremese per il mancato pagamento dei predetti premi (Comunicato ufficiale 18/E del 4 marzo 2008), condannando la società appellante al pagamento di € 144.000,00 (alla A.S.D. Carlin’s Boys a titolo di premi di preparazione e alla F.I.G.C. a titolo di penale).
In data 11 marzo 2008 il Presidente ed amministratore unico della Sanremese aveva inviato alla A.S.D. Carlin’s Boys una raccomandata con la quale aveva affermato che i premi in questione non spettavano perché si riferivano al periodo in un vi era una gestione unificata del Settore Giovanile tra le due società. Aveva quindi chiesto una liberatoria da presentare alla F.I.G.C..
Successivamente, in data 12 marzo 2008, aveva inviato una nota al Presidente del Comitato Interregionale della F.I.G.C. denunciando la possibile commissione di un illecito sportivo perché già nella stagione sportiva 2004-2005 si era instaurata tra la Sanremese Calcio e la Carlin’s Boys una collaborazione per la gestione del Settore Giovanile Unificato Sanremese.
Aveva aggiunto che il 9 agosto 2007, giorno dell’insediamento della nuova proprietà della Sanremese, i giocatori con riferimento ai quali si chiedeva il premio di preparazione erano già tesserati per la Sanremese.
Infine, in data 14 marzo 2008 aveva chiesto alla Commissione Vertenze Economiche presso la F.I.G.C. di accogliere il reclamo avverso la decisione della Commissione Premi di Preparazione del 4 marzo 2008.
Con Comunicato Ufficiale n. 25/D del 15 maggio 2008 la Commissione Vertenze Economiche aveva rigettato l’appello della Sanremese e ha confermato le decisioni della Commissione Premi di Preparazione.
Inoltre, visto l’art. 50, ottavo comma, del Codice di Giustizia Sportiva e rilevata la violazione delle norme federali in materia di gestione unificata e di tesseramenti posta in essere dalle due società, aveva disposto che fossero rimessi gli atti alla Procura Federale per gli eventuali deferimenti di competenza. Per effetto di tale decisione l’asserito debito era divenuto definitivo ed il suo pagamento entro il 10 luglio 2008 costituiva condizione per l’iscrizione al campionato.
La ricorrente aveva comunque chiesto l’iscrizione quanto meno al campionato di Eccellenza.
Con Comunicato Ufficiale n. 4 del 17 luglio 2008 la Lega Nazionale Dilettanti aveva dichiarato l’inattività della Sanremese statuendo che la stessa non avesse provveduto all’iscrizione al Campionato di competenza; aveva altresì disposto lo svincolo d’autorità di tutti i calciatori tesserati, che erano pertanto liberi di tesserarsi con altre società.
Intanto la Procura Federale aveva deferito alla Commissione disciplinare nazionale il Presidente della Sanremese che aveva rivestito tale carica sino all’agosto 2007 e il Presidente della Carlin’s, nonché le due società.
Con Comunicato Ufficiale n. 43 del 10 dicembre 2008 la Commissione disciplinare nazionale in seno alla F.I.G.C. aveva accolto il deferimento del Procuratore federale a carico dei Presidenti delle due società e delle società stesse ed aveva affermato la responsabilità di entrambe le società per i fatti imputabili ai loro legali rappresentanti.
Intanto anche la nuova istanza di iscrizione al Campionato – presentata sull’assunto che l’accertata nullità dell’accordo comporta la non debenza dei premi di preparazione – era stata respinta.
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo adito ha dichiarato improcedibile il gravame, per mancato rispetto della c.d. ‘pregiudiziale sportiva’ di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (‘Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva’).
La sentenza in questione è stata gravata in sede di appello dalla U.S.D. Sanremese Calcio s.r.l., la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

Si è costituita in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Si è altresì costituita la Lega Nazionale Dilettanti, la quale ha a propria volta concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Con ordinanza n. 2434/2011 (resa all’esito della Camera di consiglio del 7 giugno 2011) questo Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe, ritenendo la carenza del requisito del fumus boni iuris.
Alla pubblica udienza del 30 aprile 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società di calcio dilettantistica avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con cui è stato dichiarato improcedibile il ricorso proposto al fine: a) di ottenere l’annullamento del provvedimento di formazione del Campionati nazionale di serie D per la stagione sportiva 2009-2010 (nella parte in cui non includeva l’odierna appellate fra le squadre partecipanti); b) di ottenere il riconoscimento del c.d. ‘titolo sportivo’; c) di ottenere il ristoro del danno subito in conseguenza della mancata ammissione al campionato.

2. In primo luogo il Collegio deve esaminare le eccezioni di tardività dell’appello sollevate (sulla base di argomenti invero assimilabili) dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (F.I.G.C.) e dalla Lega Nazionale Dilettanti (LND).
Al riguardo, le amministrazioni appellate hanno osservato:
a) che l’appello sarebbe tardivo in quanto proposto dopo la scadenza del termine ‘lungo’ per l’impugnativa di cui al primo comma dell’articolo 327 c.p.c. nella formulazione rinveniente a seguito dell’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 169;
b) che l’appello sarebbe tardivo in quanto il deposito del ricorso sarebbe intervenuto dopo la scadenza del termine (dimidiato) di quindici giorni di cui al combinato disposto degli articoli 22 (secondo comma) e 23-bis della legge 8 dicembre 1971, n. 1034 in relazione alla previsione di cui al comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220.

2.1. E’ fondata l’eccezione dinanzi richiamata sub a), dal momento che risulta nel caso di specie il superamento del termine semestrale di cui al rinnovellato secondo comma dell’articolo 327 Cod. proc. civ. (come risultante a seguito dell’intervento normativo di cui alla l. 18 giugno 2009, n. 69, applicabile anche al processo amministrativo prima che il Codice del processo amministrativo, con il comma 3 dell’articolo 92, disciplinasse in modo autonomo la materia).
La previsione di cui al rinnovellato secondo comma dell’articolo 327 Cod. proc. civ. risulta ratione temporis applicabile nel caso di specie, stante la previsione di cui all’articolo 58 della medesima l. n. 69 del 2009 (articolo rubricato ‘Disposizioni transitorie’), secondo cui “le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi istaurati dopo la data della sua entrata in vigore”.
Al riguardo si osserva che la legge n. 69 del 2009 è entrata in vigore il 4 luglio 2009, mentre il ricorso di primo grado risulta proposto nel settembre dello stesso anno (il deposito del ricorso risale al 21 settembre 2009).
Tanto premesso in relazione alla disciplina applicabile al caso di specie, ne deriva la tardività nella proposizione dell’appello, laddove si consideri:
- che la sentenza in epigrafe (non notificata) è stata pubblicata il 25 maggio del 2010, mentre
- la notifica dell’atto di appello risale al mese di marzo dell’anno successivo.

2.2. E’ altresì fondata l’eccezione di tardività dinanzi richiamata sub b), dal momento che l’esame degli atti di causa mostra l’effettivo superamento del termine (dimidiato) di quindici giorni per il deposito dell’atto di appello (l’ultima notifica – quella nei confronti della LND – risale al giorno 1 aprile 2011, mentre il deposito dell’appello è stato effettuato solo il successivo 28 aprile) di cui al combinato disposto di cui al secondo comma dell’articolo 22 e di cui all’articolo 23-bis della stessa legge n. 1034 del 1971.
Si osserva al riguardo che, prima ancora dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (il cui articolo 119, comma 1, lettera g) ha assoggettato la materia che qui rileva al c.d. ‘rito abbreviato comune’), la dimidiazione dei termini nella materia dei giudizi in tema di atti delle federazioni sportive già operava in virtù della previsione di cui al comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito con modificazioni dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280 (secondo cui “davanti al giudice amministrativo il giudizio è definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell’articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e si applicano i commi 2 e seguenti della stessa legge”).

2.3. Il ricorso in appello deve, quindi, essere dichiarato tardivo.

3. Ma anche a prescindere dal carattere dirimente ai fini del decidere di quanto osservato retro, sub 2, il ricorso in epigrafe non potrebbe trovare accoglimento né per la parte in cui chiede la riforma della sentenza di primo grado in relazione all’impugnazione dell’atto di formazione del campionato di serie ‘D’ per la stagione 2009/2010, né in relazione ai profili risarcitori.

3.1. Quanto al primo aspetto, si osserva che del tutto condivisibilmente il primo giudice ha rilevato che nel caso di specie la diretta impugnativa in sede giurisdizionale dell’atto di formazione del campionato (comunicato n. 23/09 dell’11 agosto 2009) si sia posta in contrasto con il vincolo della c.d. ‘pregiudiziale sportiva’ di cui agli articoli 2, comma 2 e 3, comma 1 del decreto-legge n. 220 del 2003, per non essere stati previamente percorsi i gradi della giustizia sportiva (ci si riferisce in particolare all’impugnativa dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e dinanzi all’Alta Corte di Giustizia Sportiva).
Del pari condivisibilmente il primo giudice ha affermato che la regola del previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva deriva dal necessario rispetto (riconosciuto dalla normativa primaria del 2003) delle clausole compromissorie previste dagli Statuti e dai regolamenti del C.O.N.I. e delle Federazioni sportive, ragione per cui non risultano pertinenti nel caso di specie le argomentazioni svolte dall’appellante, il quale richiama il principio di immanente prevalenza dei ricorsi giurisdizionali sui ricorsi amministrativi.

3.1. Ma anche in relazione ai profili risarcitori della questione il ricorso in appello non può trovare accoglimento.
Al riguardo va rammentato (non rinvenendosi ragioni per discostarsene) il precedente di questo Consiglio di Stato, VI, 25 novembre 2008, n. 5782 (su cui v. anche Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49), per cui gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge n. 220 del 2003 devono essere interpretati, in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, va proposta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando una riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.
Anche per le controversie risarcitorie opera, tuttavia, il c.d. vincolo della giustizia sportiva, e quindi potranno essere instaurate solo dopo che siano «esauriti i gradi della giustizia sportiva», così come prevede l’art. 3.
Anche sotto tale aspetto, quindi, il mancato previo esperimento dei diversi rimedi approntati dalla giustizia sportiva non consente di dare accoglimento alla domanda risarcitoria nella presente sede (ri-)proposta.

4. Ancora una volta, fermo restando il carattere dirimente ai fini del decidere di quanto già osservato retro, sub 2 e 3, il Collegio osserva che la domanda risarcitoria di cui sopra non potrebbe trovare accoglimento neppure riguardando la res controversa nell’angolo visuale delle generali categorie in tema di risarcibilità del danno patrimoniale.
In primo luogo si osserva al riguardo che (come condivisibilmente obiettato dalla F.I.G.C. e dalla LND) la mancata iscrizione della società appellante al campionato di calcio di serie ‘D’ per la stagione 2009/2010 (e i pregiudizi anche di carattere patrimoniale che ne sono conseguiti nella sfera giuridica dell’odierna appellante) sono derivati in primis dalla scelta della medesima società appellante di non presentare neppure domanda di iscrizione per il precedente campionato 2008/2009.
Sotto tale aspetto, non rinviene conferma in atti l’affermazione della società nel corso della pubblica udienza del 30 aprile 2013, secondo cui la società USD Sanremese avrebbe bensì presentato tale domanda di partecipazione, la quale sarebbe tuttavia stata respinta dai competenti organi dell’amministrazione sportiva.
Appare evidente che, già sotto il profilo dell’eziologia, la scelta di non presentare domanda di partecipazione al campionato della stagione precedente abbia sortito una valenza determinante ai fini della produzione dell’assunto danno (in termini sportivi, curricolari e conseguentemente economici) di cui nella presente sede si chiede il ristoro;
In secondo luogo si osserva che, ritornando alla questione del mancato, previo esaurimento dei rimedi offerti dalla giustizia sportiva, la domanda risarcitoria non potrebbe trovare accoglimento neppure facendo applicazione dei principi di cui alla sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, 23 marzo 2011, n. 3.
Infatti l’art. 30, comma 3, del Codice del processo amministrativo (in ricognizione di princìpi già immanenti nell’ordinamento, applicabili anche in relazione a fattispecie anteriori rispetto alla sua entrata in vigore), nel prevedere che in sede di determinazione del risarcimento, “il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”, pur non evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, secondo comma, Cod. civ., afferma che l’omessa attivazione degli strumenti di tutela previsti costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell’esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l’ordinaria diligenza.
Da tanto consegue la rilevanza sostanziale, già sul versante causale, dell’omessa o tardiva impugnazione come elemento idoneo a precludere la risarcibilità dei lamentati danni, che sarebbero stati presumibilmente evitati, secondo un giudizio causale ipotetico, in caso di rituale e tempestiva utilizzazione dello strumento di tutela specifica predisposto dall’ordinamento a protezione delle posizioni di interesse legittimo onde evitare la consolidazione di effetti dannosi.
Sotto tale aspetto si osserva che la scelta di non percorrere i gradi della giustizia sportiva imposti in via necessaria dalla legislazione di settore al fine di ottenere la rimozione della (asseritamente) illegittima esclusione dal campionato per la stagione 2009/2010 ha sortito un rilievo innegabilmente determinante circa il pregiudizio della società appellante.
La preclusione determinatasi a seguito della scelta della società appellante di non avvalersi dei richiamati rimedi ha di suo determinato la cristallizzazione degli effetti pregiudizievoli derivanti dagli atti non ritualmente impugnati.
Conseguentemente, la domanda di risarcimento nella presente sede puntualmente (ri-)proposta sarebbe comunque da considerarsi infondata prima ancora che inammissibile.

5. Per le ragioni sin qui esaminate il ricorso in appello deve essere dichiarato irricevibile.
Il Collegio ritiene che debba disporsi l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti anche in considerazione della parziale novità delle questioni coinvolte dalla presente decisione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Gabriella De Michele, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 31/05/2013

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