Mansioni superiori nel comparto sanità – Consiglio di Stato, sez. III, 31 maggio 2013 n. 2979/2013

In deroga al generale principio del settore del pubblico impiego sull’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori  – queste sono invece retribuibili nel comparto sanità, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del d.P.R. 761/1979, in presenza di tre contestuali condizioni: esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di più elevato livello; la previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell’organo a ciò competente (potendosene prescindere solo nel caso di sostituzione nell’esercizio delle funzioni primariali); espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare: ne consegue che, nel caso dell’infermiere caposala, sono inidonei gli ordini di servizio di un superiore gerarchico ed i riconoscimenti “a posteriori” (essendo questi ultimi meri atti ricognitivi di una situazione fattuale che non rivestono la natura provvedimentale idonea ad introdurre ex ante la diversa posizione di status). [AA]

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9903 del 2004, proposto da: Crispino Francesco, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Vesce, con domicilio eletto presso Fabio Casinovi in Roma, piazza Anco Marzio, 13;

contro

Gestione Liquidatoria U.S.L. n. 41 Napoli;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 15509/2003, resa tra le parti, concernente riconoscimento del trattamento economico di caposala.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2013 il Cons. Pierfrancesco Ungari e udito per la parte ricorrente l’avvocato Casinovi su delega di Vesce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO E DIRITTO

1. L’odierno appellante, da infermiere professionale in servizio presso il Presidio V. Monaldi della USL n. 41 di Napoli, invocando l’applicazione in suo favore degli artt. 29, comma 2, del d.P.R. 761/1979, 36 Cost., 2126 c.c. (come interpretati dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 57/1989 e n. 296/1990), ha chiesto l’accertamento del diritto alla corresponsione delle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori di caposala, a far data dal 14 gennaio 1985 (e fino al 1 marzo 1992, allorché, a seguito di pubblico concorso, ha assunto servizio con la corrispondente qualifica).

2. Il TAR Campania, con la sentenza appellata (Napoli, I, n. 15509/2003), ha respinto il ricorso, sottolineando che alla base della pretesa vi sono atti di conferimento dell’incarico non provenienti dal competente organo di gestione della struttura sanitaria di appartenenza, ovvero atti ricognitivi successivi altresì inidonei allo scopo. Si tratta, in particolare:
- dei provvedimenti del direttore sanitario del presidio ospedaliero Monaldi n. 151 in data 25 gennaio 1985 e n. 3911 in data 1 ottobre 1990, n. 410 in data 13 marzo 1987, nonché dei provvedimenti della direttrice della Scuola Infermieri Professionali in data 22 luglio 1986 e 13 aprile 1987;
- della certificazione del direttore sanitario, in data 27 maggio 1993, sulle attività svolte dall’appellante.

3. Nell’appello, viene riproposta l’applicabilità di quanto disposto dall’art. 29, comma 2, del d.P.R. 761/1979, e viene contestata la sentenza, lamentando in particolare:
- che il direttore sanitario avesse, soprattutto ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. 128/1969, poi dell’art. 15 del d.lgs. 502/1992, autonomia decisionale in ordine alle esigenze dei servizi, all’impiego ed alla destinazione del personale, e che il dipendente fosse tenuto ad eseguire il comando di detto organo;
- che, quindi, <<voler ancorare il rigetto della pretesa sul presupposto, peraltro errato, che al comando era tenuto il Comitato di gestione e non il Direttore Sanitario significa voler disconoscere surrettiziamente la reale entità e qualità del lavoro svolto, con offesa e umiliazione per il lavoratore, la sua persona e la sua dignità>> (pag. 6 ricorso);
- che gli atti ricognitivi ex post sono rilevanti, considerato che il loro contenuto è coerente con quello di conferimento delle mansioni superiori.

4. L’appello è infondato e pertanto deve essere respinto.
E’ da tempo consolidato l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, con riguardo al personale del comparto della sanità – in deroga al generale principio dell’irrilevanza ai fini giuridici ed economici dello svolgimento delle mansioni superiori nel settore del pubblico impiego – ammette la retribuibilità delle stesse, ai sensi dell’art. 29, comma 2, del d.P.R. 761/1979, in presenza di tre contestuali condizioni: esistenza in organico di un posto vacante cui ricondurre le mansioni di più elevato livello; previa adozione di un atto deliberativo di assegnazione delle mansioni superiori da parte dell’organo a ciò competente (potendosene prescindere solo nel caso di sostituzione nell’esercizio delle funzioni primariali); espletamento delle suddette mansioni per un periodo eccedente i sessanta giorni nell’anno solare (cfr., tra le tante, Cons. Stato, III, 21 giugno 2012, n. 3661; 20 giugno 2012, n. 3581; 13 marzo 2012, n. 768; V, 15 febbraio 2010, n. 814; VI, 16 dicembre 2011, n. 9016).
Nel caso dell’appellante, il TAR ha rilevato la mancanza di un formale atto di conferimento avente le caratteristiche predette.
Le censure dedotte con l’appello non scalfiscono il suddetto orientamento della giurisprudenza.
Può aggiungersi che, anche recentemente, è stata ribadita la necessità che l’atto di conferimento delle mansioni superiori provenga dall’organo competente ad emanare i provvedimenti in materia di stato giuridico e trattamento economico del personale, risultando insufficienti eventuali ordini di servizio di un superiore gerarchico (cfr. Cons. Stato, III, 8 ottobre 2012, n. 5221); e che debba essere “previo”, mentre non hanno effetto eventuali riconoscimenti “a posteriori” (cfr. Cons. Stato, III, 22 agosto 2012, n. 4586), trattandosi di meri atti ricognitivi di una situazione fattuale che non rivestono la natura provvedimentale idonea ad introdurre ex ante la diversa posizione di status, con ogni effetto sugli obblighi di conforme prestazione a carico del dipendente e di controllo da parte dell’Amministrazione del corretto adempimento (cfr. Cons. Stato, III, 14 novembre 2012, n. 5734).
In conclusione, poiché alla mancanza del presupposto, rappresentato dal previo formale incarico da parte dell’organo competente (per le UU.SS.LL., nel periodo in questione, il Comitato di Gestione), non può porsi rimedio attraverso un atto di diverso organo privo di adeguata competenza funzionale, oppure attraverso un atto meramente ricognitivo, la sentenza di primo grado merita di essere confermata.

5. Nulla per le spese, in assenza di costituzione in giudizio dell’Amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 31/05/2013

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