Giustizia Amministrativa e magistratura onoraria

Armando Argano
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA E MAGISTRATURA ONORARIA
pubblicato nel n. 3/2003 di “Giustizia amministrativa”
rivista edita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato
e nel sito web “giustamm.it”

Intervento alla
1^ Conferenza Nazionale sulla magistratura onoraria
(AIGA-ANM – Napoli, 16 maggio 2003)

Prima Sessione:
Ricostruzione storica della funzione onoraria.
Spunti per un esame comparativo dei sistemi giuridici europei.

Nei ridotti limiti consentiti a questo intervento è naturalmente impossibile illustrare in modo esauriente le problematiche sottese al tema che mi è stato affidato dagli organizzatori – “Giustizia amministrativa e magistratura onoraria”, nell’ambito della sessione dedicata alla “Ricostruzione storica della funzione onoraria. Spunti per un esame comparativo dei sistemi giuridici europei” – e che certamente sfuggono in parte a questo relatore, ma è comunque possibile porre qualche spunto di riflessione in vista di quello che appare un esito assolutamente non auspicato, ma forse, temo, inevitabile.

Non credo possa dubitarsi, infatti, che le cifre della giustizia amministrativa renderanno prima o poi obbligata l’adozione di strumenti, giudice unico e magistratura onoraria, che, pur senza tuttavia trovare per ora concreta attuazione, già sono stati ufficialmente prospettati, come subito andremo a vedere. È stato infatti calcolato che l’attesa media per una sentenza è di quasi diciassette anni e che l’arretrato dei soli Tar supera oramai il milione di giudizi pendenti, a fronte di sopravvenienze dell’ordine dei 50mila ricorsi l’anno e dello e dello smaltimento di circa 25mila ricorsi l’anno.

Com’è noto il governo aveva meno di due anni fa (25 gennaio 2001) presentato dapprima il disegno di legge A.S. 4961 e poi promulgato il decreto legge 18 luglio 2001 n. 179, con esso varando, autentica rivoluzione nella giustizia amministrativa, le cosiddette sezioni stralcio e la figura del giudice onorario [[1]].

Con l’art. 1 venivano introdotte, per la durata di cinque anni, due sezioni stralcio per il Consiglio di Stato, una per il C.G.A. Regione siciliana e venticinque nell’ambito dei T.A.R., ai quali sarebbero stati rimessi i ricorsi in materia di pubblico impiego attinenti a questioni sorte entro il 30 giugno 1998 e tutte le controversie introdotte con ricorsi depositati prima del 1° gennaio 1996.

I giudici onorari aggregati amministrativi (g.o.a.a.?) sarebbero stati nominati, dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, tra i magistrati e gli avvocati dello stato e di enti pubblici a riposo, tra i docenti universitari non esercenti la professione forense e tra i funzionari direttivi degli organi costituzionali.

Il decreto è poi decaduto oscure rimanendo all’osservatore esterno, in realtà, le vere ragioni della mancata conversione (A.C. 7721 e A.C. 21), ufficialmente ricollegata a forti – e comunque certamente fondate – perplessità circa l’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza.

Praticamente coevo è lo schema di disegno di legge approntato dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, recante “Norme per l’emanazione dei codice del processo amministrativo e del processo contabile e per la definizione delle controversie pendenti davanti agli organi della giustizia amministrativa e contabile” [[2]], per la verità assai interessante, anche se non del tutto condivisibile, il quale prevedeva:

1.      il conferimento di delega al Governo per l’emanazione del codice del processo amministrativo (art. 1) e di quello per il processo innanzi alla Corte dei Conti (art. 23);

2.      la istituzione del Giudice monocratico presso i T.A.R. (art. 2), con competenza su:

a.       controversie in materia di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, di cui all’articolo 69, comma 7, secondo periodo, del decreto legislativo 165/01 (e quindi le questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998, purché il ricorso fosse presentato stato nel termine decadenziale del 15 settembre 2000);

b.      controversie introdotte con ricorsi depositati anteriormente alla data del 1° luglio 1998, e controversie a queste connesse, ivi comprese quelle proposte con i motivi aggiunti, con esclusione delle controversie indicate dall’articolo 23 bis della legge 1034/71 (e cioè le questioni attinenti, qui in estrema sintesi, gare di appalto di opere pubbliche e di pubblici servizi, incarichi di progettazione, provvedimenti delle autorità amministrative indipendenti, scioglimento di enti locali, ecc.);

3.      la istituzione del “Giudice monocratico aggiunto” presso le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti (art. 24);

4.      la istituzione del “Magistrato Amministrativo Onorario” (art. 5) scelto tra i magistrati a riposo ovvero, similmente a quanto fatto con il decreto legge decaduto 179/2001, tra i docenti universitari ed i ricercatori confermati non esercenti la professione forense (art. 6), cui affidare le funzioni monocratiche di cui al citato art. 2 del medesimo progetto di legge (art. 7);

5.      la introduzione al successivo art. 15 della seconda e diversa figura del “Magistrato Amministrativo Onorario presso il Consiglio di Stato” (art.15), tra designarsi nell’ambito dei soli magistrati amministrativi e avvocati dello stato a riposo, quale componente integrativo dei collegi;

6.      alcune rilevanti novità procedurali.

Dalla esposta elaborazione normativa appare evidente come la magistratura onoraria sia oramai dietro l’angolo anche nel processo amministrativo e non è difficile, purtroppo, preconizzarne l’inesorabile avvento alla stregua delle statistiche del settore, nonché delle scelte politiche [[3]][[4]] e dell’esperienza fatte nella giustizia civile e penale.

L’evoluzione storica dell’istituto, che oramai potremmo definire quale vera e propria “Giurisdizione onoraria” e che ha radici risalenti anche in Italia [[5]], ha visto il passaggio da un carico di lavoro pari ad oltre l’80% del totale delle controversie negli anni dal 1881 al 1890, ad un carico pari a circa il 6% del totale negli anni 80, per poi crescere ancora esponenzialmente in questi ultimi anni.

Secondo statistiche ufficiali il sistema della giustizia ordinaria civile e penale annovera oggi circa 8.300 magistrati di carriera e 11.500 magistrati onorari. Superfluo sarebbe ogni mio commento e da ben più qualificati pulpiti è stato ampiamente criticato questo sistematico ricorso alla privata supplenza giudiziaria.

Non c’è dubbio, tuttavia, che le specificità tecniche, e prim’ancora culturali, del processo amministrativo richiedano, nell’eventualità, una magistratura onoraria dotata di uno strumentario giuridico necessariamente piuttosto raffinato e aggiornato, sicché stupisce dover rilevare come i criteri di reclutamento individuati da Governo e Funzione Pubblica facciano prevalente riferimento solo a fasce di età assai avanzata ed escludano la possibilità di attingere nel ceto forense.

E’ auspicabile che, de iure condendo, tali criteri vengano rivisti e si prenda atto che un adeguato abbassamento del limite di età ed il coinvolgimento dell’avvocatura permetteranno di meglio affrontare il tecnicismo costantemente sotteso alle controversie giurisdizionali amministrative, atteso che, a dispetto delle riforme in apparenza semplificatrici introdotte con il decr.legisl. 80/1998 e con la legge 205/2000, i futuri m.o.a. (magistrati onorari amministrativi) dovranno pur sempre giudicare di atti comportamenti delle pubbliche amministrazioni e, quindi, dell’interesse collettivo o pubblico [[6]].

Il probabile affidamento alla loro cognizione, laddove giudici monocratici, delle vertenze in materia di pubblico impiego o afferenti alla materia edilizia minore, non li sottrarrà infatti al dover fronteggiare il delicatissimo discernimento tra interessi legittimi e diritti soggettivi [[7]] (tacendo ora delle generale maggiore complessità delle materie amministrativistiche), ponendosi poi, in aggiunta, la questione dei poteri cautelari, da eventualmente esercitarsi anche in giudizi pendenti a seguito della proposizione di motivi aggiunti.

-312Come si vede da questi brevi spunti il panorama è assai complesso e, purtroppo, poco si ricava dagli altri ordinamenti europei in termini di comparazione [[8]], atteso che le strutture statuali e la loro evoluzione storica hanno creato modelli di giurisdizione difficilmente importabili, se non per qualche  suggerimento procedimentale.

In Francia, paese dal quale molto si è mutuato sin dall’origine del nostro ordinamento giurisdizionale amministrativo per l’influenza della dominazione napoleonica, nelle magistrature amministrative vengono reclutati docenti universitari e pubblici funzionari, mentre in Germania, dove rientrano nel potere giurisdizionale e sono separate dal potere esecutivo e dal potere legislativo, giudici onorari integrano i collegi dei TAR federali in primo grado e, nei Lander, anche le Corti di secondo grado.

Nel sistema belga talune giurisdizioni amministrative coincidono addirittura, per legge, con gli organi dell’amministrazione locale, e qualcosa di simile avviene in Spagna, ove il sistema fa leva su organi semi-amministrativi del contenzioso in primo e in secondo grado e su una sezione specializzata della Corte Suprema di Cassazione.

In Inghilterra, invece, non esiste una giurisdizione amministrativa a sé stante e le pubbliche amministrazioni (eccetto la Corona) vengono chiamate in giudizio direttamente innanzi alla magistratura ordinaria.

In ciascun paese diversi sono, poi, i limiti del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti delle amministrazioni.

Se, allora, la Magistratura onoraria è un “male” necessario, laddove fosse effettivamente introdotta anche nel processo amministrativo occorrerebbe garantirne assolute preparazione tecnica e indipendenza (funzionale ed economica), a cominciare dalla predisposizione di una rigorosa griglia di criteri per il reclutamento.

E’ comune esperienza che in altri stati europei, segnatamente in quelli di common law, la chiamata nei ranghi della magistratura onoraria viene a costituire un prestigioso punto d’arrivo per la carriera dell’operatore del diritto.

In Italia, inutile nasconderlo, salvo rari casi è un mero punto di parcheggio se non addirittura un binario morto.

Ed innegabilmente nei Consigli Giudiziari, deputati alla nomina dei magistrati onorari, viene sistematicamente disatteso il parere contrario dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati e vengono designati troppo spesso, in nome dell’emergenza, soggetti che non presentano quelle elevate caratteristiche che un Giudicante dovrebbe avere in sé.

E’ una regola di mercato: a a parità di risorse e mezzi di produzione, con il crescere esponenziale della domanda di servizi può corrispondentemente crescere l’offerta, ma solo con inevitabile scadimento della qualità.

Il moltiplicarsi (e massificarsi) degli organi giudicanti darà infine luogo a quella sorta di pluralismo giurisdizionale sostenuto dal Mortati nell’assemblea costituente, con buona pace sia della unità della giurisdizione del Calamandrei, sia di quella sorta di artificio dialettico insito nella locuzione “unità funzionale della giurisdizione” recepito in Bicamerale [[9]].

A ciò si aggiunga una vetusta ripartizione delle competenze a livello statuale, con nefaste conseguenze sulla razionalizzazione delle risorse di sistema [[10]], essendo la giustizia amministrativa inquadrata nella Funzione Pubblica e quindi estranea alle altre giurisdizioni ordinarie, che fanno invece capo al Ministero della Giustizia [[11]].

Certo è che, per quanto si voglia tirare la corda degli articoli 102, 106 e 113 della Costituzione, vi è pur sempre il (per quanto labile alla prova dei fatti) baluardo dell’art. 111 Cost. che impone un giudice “indipendente ed imparziale” [[12]]: requisiti che è impossibile in principio, e difficilissimo in concreto, abbia una figura anfibia come il magistrato onorario [[13]].

Massima attenzione andrà posta, come peraltro andrebbe posta anche in relazione alle figure di magistratura onoraria già operanti [[14]], affinché quello che è stato definito, sia pur con riferimento al solo Giudice di Pace, “giudice di prossimità” non diventi “giudice di promiscuità” e la giustizia ad essi affidata sia minore, ma non mai minorata.

[1]  Cfr. Nicolò D’Alessandro, Le sezioni stralcio nel disegno di legge, in Giust.ir – Rivista internet di diritto pubblico, 2001, 2.

[2]  Del progetto sono, a quanto mi consta, circolate due versioni con lievi differenze nella struttura dell’articolato: una reperita inizialmente su “Dirittoegiustizia.it”, un’altra su “Giust.it – Rivista internet di diritto pubblico” e “Diritto & Diritti – http://www.diritto.it/”. Nel testo si fa riferimento alla prima.

[3] <<Giustizia e politica sono termini antitetici che non possono convivere di buon accordo>> [Calamandrei, Governo e magistratura, 201].

[4] Il parallelo è implicitamente fatto con la attuale struttura della magistratura onoraria civile e penale, volutamente tralasciandosi in questa sede le problematiche sottese alla giurisdizione amministrativa speciale tributaria, che annovera nei suoi ranghi esclusivamente giudici onorari: sul punto cfr. D. Biancospino, Note sulla difesa (a)tecnica nel processo tributatrio, in Arch. Civile, 2002, 6, 651; cfr. anche L. Ieva, Riflessioni sul principio costituzionale del giusto processo applicato al processo amministrativo, in Giust.it – Rivista internet di diritto pubblico, 2002, 1.

[5] Cfr. L. Chieffi, La magistratura onoraria: origine del modello costituzionale e prospettive di riforma, Jovene, 1998; C. Maffei, Magistratura ordinaria e ordinamento giudiziario: tra storia e futuro, in Documenti giustizia, 1998, 8, 1337).

[6]  Per una disamina dell’evoluzione del rapporto tra p.a. e g.a. cfr. F. Bianchi, La giustizia amministrativa nel nuovo sistema delle autonomie locali, relazione svolta in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2003 del T.A.R. Latina, in “giustizia-amministrativa.it”.

[7]  Cfr. le osservazioni critiche sui nuovi criteri di riparto della giurisdizione contenute nella relazione, resa il 13 gennaio 2003, sullo stato dell’amministrazione della giustizia nell’anno 2002 da parte del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione Dott. F. Favara, in Giust.it – Rivista internet di diritto pubblico, 2003, 1.

[8]   Elementi ricavati soprattutto da: M. Nigro, Giustizia amministrativa, VI ed. a cura di E. Cardi e A. Nigro, Il Mulino; G. Recchia (a cura di), Ordinamenti europei di giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo, vol. XXV, Cedam; R. David – C. Jauffret-Spinosi, I grandi sistemi giuridici contemporanei,  Cedam; nonchè da alcuni brevi scritti di W. Heilek, magistrato presso il T.A.R. di Ansbach apparsi in “Giustizia-amministrativa.it” ed in “Giust.it – Rivista internet di diritto pubblico”.

[9]   Com’é noto Calamandrei presentò alla Costituente un progetto che esprimeva il suo favore per la “unicità della giurisdizione” (artt. 12 e 13), essendo egli contrario persino alla permanenza di Consiglio di Stato e Corte dei Conti, che proponeva divenissero sezioni specializzate della giurisdizione ordinaria. Si affermò poi l’ipotesi intermedia (rispetto anche al cd. “pluralismo giurisdizionale” del Mortati) secondo la quale si dovevano allora salvaguardare le posizioni acquisite dalle tre più importanti giurisdizioni speciali preesistenti (amministrativa, contabile, militare) [Cheffi]. Si è peraltro affermato che la giurisdizione sarebbe già unica perché, al di là dei nominalismi, vi sarebbe identità di funzione [Maddalena] sia pur nelle diverse forme [Silvestri].

[10]  Esulerebbe dal tema addentrarsi nell’annosa diatriba circa la funzione giudicante-consultiva, perciò ibrida, del Consiglio di Stato, e circa la indipendenza funzionale dei magistrati amministrativi dal potere esecutivo.

[11]  Degno di nota, perché formulato in termini troppo burocratici, il comunicato stampa diffuso dal Ministro della Giustizia Castelli il 25 luglio 2001, con il quale, rispondendo alle critiche riguardanti l’assenza dal programma governativo della giustizia amministrativa, egli si è limitato a dichiarare che non se ne poteva occupare essendo materia di competenza della Funzione Pubblica.

[12] Cfr. L. Sandulli, Terzietà e indipendenza, Relazione al convegno “Art. 111 Costituzione: rivoluzione dell’ordinamento?”, Venezia, 2000: “….fanno riferimento anche a due distinti parametri costituzionali. L’indipendenza trova il suo riferimento nell’articolo 101, comma 2, della Costituzione che prescrive l’esclusiva soggezione dei giudici alla legge; l’imparzialità trova il suo riferimento, nell’articolo 3 della Costituzione, ed esattamente, nel principio di eguaglianza in esso sancito; ogni forma di parzialità dell’organo giudicante determina, infatti, una sostanziale disparità delle parti e, quindi, una disparità di fronte alla legge (Corte Costituzionale 31 marzo 1965 n.17)”.

[13]  I giudici non professionali sono da molti autorevolmente ritenuti assai più esposti alle pressioni del potere politico e del potere economico (in Bicamerale, On. Parenti e On. Marchetti).

[14] Cfr. la relazione al Parlamento, del Consiglio Superiore della Magistratura, sullo stato dell’amministrazione della giustizia per l’anno 2001, pagg. 40 e seguenti.

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