Impugnazione del silenzio-rifiuto – Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 marzo 2013 n. 1754

E’ inammissibile il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione, su una istanza dell’interessato, sia nel caso in cui il Giudice Amministrativo sia privo di giurisdizione sul rapporto sottostante, sia se si verta su posizioni di diritto soggettivo (ed in questo caso anche laddove sia riscontrabile una ipotesi di giurisdizione esclusiva): ciò in quanto è essenziale che l’azione di cui agli artt. 177 e segg. c.p.a. riguardi l’esercizio di una potestà amministrativa, poichè il silenzio-rifiuto può formarsi esclusivamente a seguito di inerzia su una domanda tesa ad ottenere l’adozione di un provvedimento di contenuto discrezionale e, quindi, necessariamente incidente su posizioni di interesse legittimo.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex artt. 74 e 117, commi 2 e 6 bis, cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4944 del 2012, proposto da:
Provincia di Avellino, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Gennaro Galietta e Oscar Mercolino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gianluigi Cassandra in Roma, via Gallia n. 86;

contro

Comune di Santo Stefano del Sole, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Comune di Atripalda, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

“previa sospensione della efficacia esecutiva”, della sentenza del T.A.R. Campania – Sezione Staccata di Salerno, Sezione II, n. 00520/2012, resa tra le parti, concernente l’impugnazione del silenzio serbato dall’amministrazione comunale su istanza di versamento di somme dovute notificata al Comune di Santo Stefano del Sole il 23.9.2011;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la propria ordinanza 26 settembre 2012, n. 3856;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per la parte appellante gli avvocati Oscar Mercolino e Gennaro Galietta;

1.- Con ricorso giurisdizionale al T.A.R. Campania, Salerno, la Provincia di Avellino ha impugnato il silenzio tenuto dal Comune di Santo Stefano del Sole sulla istanza-diffida, datata 23 settembre 2011, con la quale essa Provincia aveva chiesto il versamento delle somme dovute a titolo di Tributo per l’Esercizio delle Funzioni di Tutela, Protezione ed Igiene dell’Ambiente (T.E.F.A.) per le annualità dal 2004 al 2011 (spettante all’amministrazione provinciale, previa detrazione della commissione dello 0.30 per cento a carico della Provincia ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. n. 504/1992, come modificato dal d.lgs. n. 4/2008), mai versate e assuntamente illegittimamente trattenute. Detta Provincia ha anche chiesto, sussistendone i presupposti ex art. 31 del c.p.a., la pronuncia circa la fondatezza di detta istanza e l’emanazione del conseguente ordine all’amministrazione comunale intimata di provvedere all’emissione dei relativi ordinativi di pagamento a detto titolo.

2.- Con la sentenza in epigrafe indicata detto T.A.R. ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione.
Ciò nell’assunto che la Provincia non aveva agito nell’esercizio del potere impositivo e che la controversia non atteneva all’an o al quantum del tributo da versarsi, riguardando la pretesa fatta valere l’assunto obbligo, derivante dall’art. 19 del citato d.lgs., di versamento del tributo alla tesoreria della Provincia, nei termini e secondo le modalità previste dal d.P.R. n. 43/1988.
Il T.A.R., esclusa la giurisdizione in materia del Giudice tributario ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 19 del d.lgs. n. 546/1992, ha ritenuto che essa, vertendosi in materia di diritti soggettivi, appartenga al Giudice ordinario, non sussistendo alcun potere discrezionale dell’Ente locale, in relazione alla pretesa azionata, ed essendo stato chiesto l’accertamento dell’obbligo del Comune, incaricato della riscossione, di versare alla Provincia quanto percepito a titolo di tributo di sua spettanza.
Ha inoltre ritenuto che lo speciale procedimento giurisdizionale, ora disciplinato dall’art. 31 del c.p.a., non sia compatibile con le pretese che solo apparentemente abbiano ad oggetto una situazione di inerzia, in quanto concernono diritti soggettivi, ed ha escluso l’ammissibilità del ricorso a detto procedimento quando la controversia attenga a posizioni sulle quali il Giudice non ha giurisdizione, e la cui cognizione spetta ad altro giudice, il quale può decidere direttamente la questione, avvalendosi dei poteri istruttori di competenza, a prescindere dagli atti adottati dall’amministrazione e quindi anche nel caso in cui non sia stato emanato alcun atto, nonostante il decorso dei termini prescritti per la conclusione del relativo procedimento.

3.- Con il ricorso in appello in esame la Provincia di Avellino ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
“Errores in iudicando”.
Sarebbe connotato da illegittimità il silenzio serbato dal Comune (che, nonostante le richieste, non aveva mai provveduto al versamento delle somme dovute, né alla certificazione tecnico contabile attestante la esatta somma dovuta a titolo di T.E.F.A.) sulla richiesta della Provincia volta alla quantificazione, previa determinazione amministrativa, delle somme riscosse e da riversare a favore di essa da parte dei Comuni (che a tanto sono obbligati in base al disposto dell’art. 19 del d. lgs. n. 504/1992 e dell’art. 44 del d. lgs. n. 4/2008).
Posto che il rito del silenzio, che ha natura residuale, non è esperibile a tutela di posizioni soggettive la cui cognizione esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo (G.A.), il giudizio sulla fondatezza della istanza, ex art. 2 della l. n. 241/1990, come modificato dalla l. n. 80/2005, sarebbe tuttavia ammissibile in relazione ad istanze volte a sollecitare l’esercizio di poteri pubblici connotati da vincolatività.
Nel caso di specie, anche se il Comune è rimasto inerte a fronte di un diritto soggettivo riconosciuto dalla normativa in materia, la procedura attivata dalla Provincia consisteva in una richiesta di emissione di provvedimento amministrativo discrezionale finale da emettersi obbligatoriamente da parte del Comune per definire ed appostare in bilancio somme da corrispondersi in uscita, con formale imputazione al bilancio di esercizio, scorporate da quelle da appostarsi in entrata, cioè da trattenersi a titolo di commissione.
L’esatto importo di quanto dovuto a titolo di T.E.F.A. è quindi determinabile con procedimento tecnico contabile afferente al potere discrezionale amministrativo da concludersi con atto gestionale o determinazione dirigenziale.
La istanza della Provincia mirava ad ottenere l’esercizio di un potere amministrativo di determinazione contabile di quanto riscosso a titolo di T.A.R.S.U. e di quanto dovuto alla Provincia a titolo di T.E.F.A., solo dopo il quale essa può avere l’esatta contezza del proprio diritto e dell’esatto ammontare del credito vantato (che non sarebbe quantificabile mediante azione di accertamento innanzi al giudice ordinario, essendo precluso ai poteri istruttori di esso ogni ingerenza nei pubblici poteri autoritativi, sebbene lesivi di diritti soggettivi, “degradanti in questo caso ad interessi legittimi”).
Se si negasse il ricorso allo strumento processuale del silenzio rifiuto nessuna tutela verrebbe assicurata a chi, pur essendo titolare di un diritto soggettivo, non può azionare a causa del rifiuto dell’Ente ad adempiere ai suoi obblighi.
Erroneamente il Giudice di prime cure si sarebbe limitato a rimarcare la sussistenza di un rapporto di tipo creditizio relativo ad un diritto soggettivo vantato dalla Provincia nei confronti del Comune, mentre, trattandosi di attività vincolata, il potere cognitivo del Giudice sulla fondatezza dell’istanza serve a consentire la piena delibazione circa l’obbligo di provvedere del Comune, che è tenuto a determinare ed a riconoscere formalmente le somme di cui trattasi a favore della Provincia.
Poiché, quindi, la Provincia non ha agito per ottenere una certa somma fissata dalla normativa ma per attivare un procedimento amministrativo da concludere con un provvedimento espresso e vincolato al riconoscimento e all’accertamento dell’esatto diritto di credito vantato, il silenzio del Comune di Santo Stefano del Sole avrebbe dovuto essere sanzionato perché privo di giustificazione ed illegittimo, con accertamento della fondatezza della istanza e statuizione dell’obbligo di detto Ente di iscrivere in bilancio le somme a debito dovute.

4.- Con ordinanza 26 settembre 2012, n. 3856 la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza impugnata formulata con l’atto di appello.

5.- Alla udienza in camera di consiglio del 14.12.2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

6.- Osserva la Sezione che, perché sia consentito il ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione, è essenziale che esso riguardi l’esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come interesse legittimo, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile allorché la posizione giuridica azionata dal ricorrente consista in un diritto soggettivo; il silenzio – rifiuto può infatti formarsi esclusivamente in ordine all’inerzia dell’Amministrazione su una domanda intesa ad ottenere l’adozione di un provvedimento ad emanazione vincolata ma di contenuto discrezionale e, quindi, necessariamente incidente su posizioni di interesse legittimo, e non già nell’ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventi natura sostanziale di diritti.
La formazione del silenzio – rifiuto, o lo speciale procedimento giurisdizionale oggi disciplinato dall’art. 117 del c.p.a., non risulta, infatti, compatibile con le pretese che solo apparentemente abbiano per oggetto una situazione di inerzia, in quanto concernono diritti soggettivi la cui eventuale lesione è direttamente accertabile dall’autorità giurisdizionale competente.
Ai sensi dell’art. 31 del c.p.a. è inammissibile il ricorso diretto all’accertamento dell’illegittimità del silenzio su un’istanza dell’interessato allorché il Giudice amministrativo sia privo di giurisdizione in ordine al rapporto giuridico sottostante ovvero si verta, comunque, nell’ambito di posizioni di diritto soggettivo, anche laddove sia riscontrabile un’ipotesi di giurisdizione esclusiva.
Il ricorso avverso il silenzio – rifiuto costituisce, infatti, un’azione che richiede al Giudice di esercitare una cognizione sul merito della causa, che, in taluni casi, può spingersi sino alla condanna dell’Amministrazione all’adozione di un provvedimento di contenuto predeterminato; si deve, pertanto, concludere nel senso che la giurisdizione del G.A. in materia di silenzio – rifiuto si arresta laddove l’istanza inevasa abbia ad oggetto una materia devoluta alla giurisdizione esclusiva di altra autorità giudiziaria.
Invero, secondo nota e consolidata giurisprudenza (Consiglio Stato, Sez. V, 17 gennaio 2011, n. 210), l’art. 2 della l. n. 205/2000, che ha introdotto l’art. 21 bis della l. n. 1034/1971 in tema di ricorso avverso il silenzio serbato dall’amministrazione, poi confluito nell’art. 31 del c.p.a., non ha inteso creare un rimedio di carattere generale, esperibile in tutte le ipotesi di comportamento inerte della pubblica amministrazione, e pertanto sempre ammissibile indipendentemente dalla giurisdizione del G.A. (il quale si configurerebbe quindi come giudice del silenzio dell’Amministrazione), ma soltanto un istituto giuridico relativo alla esplicazione di potestà pubblicistiche correlate alle sole ipotesi di mancato esercizio dell’attività amministrativa discrezionale.
Ne consegue che, nell’ipotesi che il procedimento attivato afferisca alla tutela di un diritto soggettivo, l’azione di annullamento del silenzio-rifiuto della pubblica Amministrazione non è esperibile, poiché il giudizio sul silenzio presuppone l’esercizio di una potestà amministrativa, rispetto alla quale la posizione del privato si configura come interesse legittimo
E che nel caso in esame si verta in materia di diritto soggettivo è indubbio, atteso che non può riconoscersi altra natura all’obbligo, scaturente dall’art. 19 del d.lgs. n. 504/1992, di versamento del tributo di cui trattasi alla tesoreria della Provincia, nei termini e secondo le modalità previste dal d.P.R. n. 43/1988, senza che sia previsto l’esercizio di alcun potere discrezionale idoneo a degradare il diritto soggettivo a mero interesse legittimo, suscettibile di tutela solo dinanzi al G.A..
Stabilisce infatti il comma 7 di detto art. 19 che “L’ammontare del tributo, riscosso in uno alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, previa deduzione della corrispondente quota del compenso della riscossione, è versato dal concessionario direttamente alla tesoreria della provincia” nei previsti termini e modalità.
La tariffa è unica e non costituisce, invero, frutto di una scelta discrezionale del Comune; peraltro, l’addizionale provinciale, essendo costituita da una percentuale fissa, pari al 15%, da computarsi sull’importo della tassa principale, è determinabile sulla base di un semplice calcolo aritmetico, e non possono insorgere difficoltà nella determinazione del suo ammontare.
È, quindi, inammissibile la impugnazione del silenzio-rifiuto, qualora, come nel caso che occupa, la controversia attenga a posizioni di diritto soggettivo, a prescindere dagli atti adottati dalla pubblica amministrazione e, quindi, anche nel caso in cui non sia stato emanato alcun atto, nonostante il decorso dei termini prescritti per la conclusione del relativo procedimento (Consiglio Stato, Sez. V, 17 settembre 2010, n. 6947), dovendo in questo caso la tutela dell’interessato essere fatta valere mediante l’apposita azione di accertamento (Consiglio Stato, sez. V, 6 luglio 2010, n. 4320).

7.- Per le considerazioni che precedono il ricorso in appello è da valutare insuscettibile di positiva valutazione e va respinto.

8.- Nessuna determinazione può essere assunta dal Collegio in ordine alle spese di giudizio, stante la mancata costituzione delle parti intimate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello, come in epigrafe proposto.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere

L’ESTENSORE        IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27/03/2013

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