Nota a margine della sanzione da quasi 832 mila euro comminata dall’Antitrust ai medici per le limitazioni deontologiche alla pubblicità informativa: vi è il pericolo che il Codice Deontologico Forense possa – ingiustamente – suscitare analoga reazione? (AGCM provv. 25078/2014) [Armando Argano - 14 ottobre 2014]

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento 24 settembre 2014 n. 25078, ha comminato alla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCEO) la sanzione amministrativa di 831.816 euro, ritenendo sussistere, nell’adozione e diffusione del Codice di deontologia medica 2006 e della relativa Linee Guida sull’informazione professionale, un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
E ciò nonostante che, nelle more, la linea guida fosse stata ritirata e fosse stato anche varato il nuovo Codice di Deontologia Medica 2014, peraltro pure censurato nel provvedimento.

Tutto nasce dalla segnalazione in cui la società Groupon S.p.A. lamentava campagne mediatiche della FNOMCEO volte a denigrare le pubblicità di odontoiatri veicolate suo tramite, nonché le iniziative di vari Ordini che, mediante convocazioni in audizione o minaccia di sanzioni disciplinari, avevano esercitato forme di pressione su medici che si avvalevano dei suoi servizi per pubblicizzare la loro attività.
Altre segnalazioni erano pervenute direttamente da medici, sia singoli, sia appartenenti a “reti di studi odontoiatrici“.

Il Presidente ANAI Avv. Maurizio de Tilla ha subito dichiarato che “Dubitiamo anzitutto che l’Antitrust abbia alcun potere sulle Rappresentanze delle professioni. Nel merito ci sembra fuori da ogni concezione del diritto sanzionare la emanazione di un codice deontologico che ogni categoria professionale si conferisce nella piena autonomia costituzionale e legale. L’Antitrust non conosce la Costituzione né conosce bene il diritto. Si interessa solo di economia ed impropriamente di professioni“.

Per spiegare la portata della presa di posizione dell’AGCM in relazione all’ordinamento deontologico forense sarà utile fare di questo una breve analisi.

Nel provvedimento che sanziona la FNOMCEO, l’Antitrust ha in primis ricostruito la disciplina in materia di pubblicità per le professioni regolamentate, ponendo in evidenza che:

  • l’art. 2, comma 1, lettera b), D.L. n. 223/2006 (c.d. “riforma Bersani”), convertito con modificazioni in Legge 248/2006, ha abrogato il divieto di pubblicità informativa dei professionisti intellettuali;
  • l’art. 3 comma 5 lett. g) D.L. 138/2011 (Manovra bis 2011), convertito con modificazioni in Legge 149/2011, ha stabilito che per le professioni regolamentate “la pubblicita’ informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attivita’ professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, e’ libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie“;
  • la Legge 183/2011 (Legge di stabilità 2012) e il D.L. n. 1/2012 (Liberalizzazioni o Cresci-Italia), convertito con modificazioni in Legge 27/2012, di ulteriore liberalizzazione;
  • il D.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, recante la riforma degli ordinamenti professionali a norma dell’art. 3, comma 5, D.L. n. 138/11, in particolare evidenziando che questa disposizione prevede una serie di principi cui avrebbe dovuto ispirarsi la riforma degli ordinamenti professionali, disponendo alla lettera g) che “la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie”;
  • l’art. 4 del D.P.R. 137/2012, attuativo della delegificazione disposta dalla legge n. 183/11, secondo cui “1. E’ ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l’attività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi richiesti per le prestazioni. 2. La pubblicità informativa di cui al comma 1 dev’essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professionale e non dev’essere equivoca, ingannevole o denigratoria“.

Quanto alle disposizioni deontologiche censurate, l’AGCM ha osservato che:

  • con deliberazione n. 52 del 23 febbraio 2007 il Comitato Centrale FNOMCEO modificava l’art. 56 del Codice di deontologia medica 2006, rubricato “Pubblicità dell’informazione sanitaria”, disponendo che:
    - “La pubblicità dell’informazione in materia sanitaria, fornita da singoli o da strutture sanitarie pubbliche o private, non può prescindere, nelle forme e nei contenuti, da principi di correttezza informativa, responsabilità e decoro professionale.
    - La pubblicità promozionale e comparativa è vietata.
    - Per consentire ai cittadini una scelta libera e consapevole tra strutture, servizi e professionisti è indispensabile che l’informazione, con qualsiasi mezzo diffusa, non sia arbitraria e discrezionale, ma obiettiva, veritiera, corredata da dati oggettivi e controllabili e verificata dall’Ordine competente per territorio [...]”;
  • al Codice di deontologia medica 2006 era allegato il documento recante “Linea guida inerente l’applicazione degli artt. 55, 56 e 57 del codice di deontologia medica”, il quale prevedeva:
    • al punto 5, rubricato “Regole deontologiche”, terzo capoverso, che “non è ammessa la pubblicazione di notizie che siano lesive della dignità e del decoro della categoria o comunque eticamente disdicevoli”;
    • all’ultimo capoverso del medesimo punto 5 che “è consentito diffondere messaggi informativi contenenti le tariffe delle prestazioni erogate, fermo restando che le caratteristiche economiche di una prestazione non devono costituire aspetto esclusivo del messaggio informativo”.
  • al punto 9 della Linea Guida, rubricato “Verifica e valutazione deontologica”, si disponeva inoltre che: “I medici chirurghi e gli odontoiatri iscritti agli Albi professionali sono tenuti al rispetto della presente linea-guida comunicando all’Ordine competente per territorio il messaggio pubblicitario che si intende proporre onde consentire la verifica di cui all’art. 56 del Codice stesso. La verifica sulla veridicità e trasparenza dei messaggi pubblicitari potrà essere assicurata tramite una specifica autodichiarazione, rilasciata dagli iscritti, di conformità del messaggio pubblicitario, degli strumenti e dei mezzi utilizzati alle norme del Codice di Deontologia Medica e a quanto previsto nella presente linea-guida sulla pubblicità dell’informazione sanitaria. Gli iscritti potranno altresì avvalersi di una richiesta di valutazione preventiva e precauzionale da presentare ai rispettivi Ordini di appartenenza sulla rispondenza della propria comunicazione pubblicitaria alle norme del Codice di Deontologia Medica. L’Ordine provinciale, ricevuta la suddetta richiesta, provvederà al rilascio di formale e motivato parere di eventuale non rispondenza deontologica“.

Dopo aver tracciato il sopra sintetizzato quadro normativo e fattuale, l’Antitrust ha quindi ritienuto che la FNOMCEO abbia introdotto illegittime forme preventive di controllo dei messaggi pubblicitari degli iscritti, spiegando nella parte più propriamente motivazionale del provvedimento che:

  1. i medici e gli odontoiatri, in quanto prestano stabilmente a titolo oneroso e in forma indipendente i propri servizi professionali, svolgono attività economica e possono essere quindi qualificati come imprese, ai sensi della normativa comunitaria a tutela della concorrenza, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da essi forniti e la circostanza che l’esercizio della loro professione è regolamentato siano tali da modificare questa conclusione“;
  2. Gli ordini dei medici e le associazioni di ordini come la FNOMCEO, in quanto enti rappresentativi di imprese che offrono sul mercato in modo indipendente e stabile i propri servizi professionali, debbono pertanto essere considerati come associazioni di imprese ai sensi dell’art.101 del TFUE“;
  3. la FNOMCEO, nell’emanare le disposizioni censurate “non assolveva ad alcuna missione di carattere sociale fondata sul principio disolidarietà, né esercitava le prerogative tipiche dei pubblici poteri, ma al contrario essa agiva comeorgano di regolamentazione di una professione il cui esercizio costituisce un’attività economica“;
  4. il divieto di pubblicità promozionale e comparativa e quello di diffusione di “notizie [...] lesive della dignità e del decoro della categoria” sono idonei a limitare ingiustificatamente il ricorso allo “strumento pubblicitario, importante leva concorrenziale a disposizione dei professionisti“;
  5. il “decoro professionale” non può essere imposto come clausola generale cui deve conformarsi la pubblicità, senza fornire criteri che concorrono a individuarne chiaramente l’esatto contenuto prescrittivo, rendendolo in tale modo suscettibile di interpretazioni e applicazioni ingiustificatamente restrittive;
  6. non è meritevole di censura il ricorso, per la professione medica e odontoiatrica, a “promozioni basate anche sulla convenienza dell’offerta, oppure diffuse su mezzi quali volantini o cartelloni, se effettuate rispettando i canoni di trasparenza, non ingannevolezza, veridicità e correttezza previsti dalla vigente normativa“;
  7. lesiva della concorrenza è pure la disposizione deontologica che consente l’esposizione pubblicitaria delle tariffe solo se accompagnata da altri elementi di valutazione;
  8. gli Ordini professionali “hanno solo un potere di verifica di tipo successivo sulla trasparenza e veridicità della pubblicità, potere di cui dovrebbe essere quantomeno precisata la natura“;
  9. l’approvazione del nuovo Codice di deontologia medica 2014, che non prevede il parametro del “decoro professionale” e il divieto di “pubblicità promozionale”, nonché la formale abolizione delle Linee Guida, non consentono di ritenere superate le problematiche concorrenziali contestate (…) poichè sono stati comunque introdotti una serie di parametri molto generici e non previsti dalla vigente normativa, come il fatto che la pubblicità sanitaria dovrebbe essere “prudente, obiettiva, pertinente”; e il divieto di “forme di pubblicità comparativa delle prestazioni”“;
  10. viene inoltre en passant rilevato come ulteriore elemento, qualificante l’intesa anticoncorrenziale, il divieto di iniziative promozionali basate sulla gratuità delle prestazioni.

In definitiva, con il provvedimento esaminato si rinnova la tensione fra Antitrust e Ordini professionali, continuando la prima a farsi alfiere della supremazia del libero mercato, non rinunciando i secondi a porsi quale baluardo della serietà e dell’immagine sociale della propria categoria.

A questo punto, però, si deve comprendere che le sopra sintetizzate valutazioni dell’Antitrust costituiscono – purtroppo – un ostacolo per il Codice Ceontologico Forense 2014, poichè in esso, sebbene assai più aderente di quello della FNOMCEO alla normativa in tema di libera concorrenza, sono comunque presenti canoni a quella stregua potenzialmente “a rischio”.

Anche gli Avvocati, infatti, non possono effettuare pubblicità comparativa o suggestiva, ostandovi il disposto dell’art. 17 comma 2 (“Le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative“) e dell’art. 35 comma 2 (“L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti ne’ equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attivita’ professionale“).

Anche nella deontologia forense è stabilito, con l’art. 35 comma 11, il principio secondo cui “Le forme e le modalita’ delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignita’ e decoro della professione“, aggiungendosi, all’art. 37 comma 1, che “L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro“.

Pare inoltre analogo all’art. 54 del Codice di deontologia medica 2006, censurato perchè ostativo ad iniziative promozionali basate sulla gratuità delle prestazioni, il divieto contenuto nell’art. 37 comma 3, secondo cui “Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi“.

L’ordinamento forense prevede dunque anch’esso criteri generali, come il decoro e la pertinenza, di valutazione delle condotte in tema di informazione professionale, nonchè il divieto assoluto di pubblicità comparativa e di prestazioni promozionali, sicchè non può escludersi il rischio di un vaglio da parte dell’AGCM.

Al centro della disputa è la corretta qualificazione dell’attività degli Avvocati, avendo l’AGCM già in precedenza affermato che essi, “….in quanto prestano stabilmente a titolo oneroso e in forma indipendente i propri servizi professionali, svolgono un’attività economica e possono quindi essere qualificati come imprese ai sensi dei principi antitrust senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l’esercizio della loro professione sia regolamentato siano tali da modificare questa conclusione” (provvedimento 4-11-2013 n. 24553).

Quella dell’Avvocato è, al contrario, un genere d’impresa del tutto particolare, il cui statuto è sancito dalla Legge 247/2012 e dal Codice Deontologico da essa espressamente richiamato, che non è in alcun modo sovrapponibile al paradigma delle aziende del terziario e che non può essere meramente assimilato all’imprenditore quale delineato, in generale, dall’art. 2082 del codice civile, differenti essendo gli elementi costitutivi e organizzativi dell’attività, nonchè il ruolo pubblicistico svolto e le limitazioni operative che a ciò sono connesse.

In molti sosteniamo, da anni, la specificità di alcune professioni liberali e, in particolare, di quella dell’Avvocato, attese la rilevanza costituzionale della funzione svolta e la sua stessa coessenzialità alla giurisdizione: numerose, colte e documentate sono state, ad esempio, le prese di posizione in tal senso del Presidente del Consiglio Nazionale Forense Guido Alpa.

Ma nuove esigenze stanno premendo dall’esterno e che se ne deve necessariamente tenere conto, come ha fatto recentemente prorpio il Consiglio Nazionale Forense con l’innovativo parere 12/2014, a tutti noto perchè ha ritenuto entro certi limiti possibile l’utilizzazione di uno spazio “pubblicitario” sulla superficie di un autobus.

E’ un equilibrio non facile, ma l’Avvocatura non dovrà comunque mai consentire a sè stessa – con buona pace dell’ACGM – forme di comunicazione pubblicitaria populistiche, manipolative e da “offerta speciale un tanto al chilo”.

[Armando Argano - 14 novembre 2014]

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