Pubblicità dell’Avvocato: un pronunciamento innovativo del Consiglio Nazionale Forense (parere 26-3-2014 n. 12) [Armando Argano - 8 settembre 2014]

Già da qualche giorno i più informati sanno che il Consiglio Nazionale Forense, con parere 26 marzo 2014 n. 12, tuttavia apparso nel sito istituzionale solo il 3 settembre scorso, ha stabilito che, in linea generale, “…l’indicazione del logo e dei recapiti dello studio professionale costituisce indubbiamente contenuto lecito dell’informativa, mentre l’utilizzazione di uno spazio “pubblicitario” sulla superficie di un automezzo appare in sé non contrastante con i principi di cui al comma 2, purché non integri la fattispecie di informazione equivoca o suggestiva”.

Si tratta di pronuncia che merita di essere segnalata, non solo perchè attiene a un problema che l’evoluzione del mercato professionale rende urgente risolvere, ma soprattutto perchè è uno dei primi esempi di opinamento che, con il coraggio dell’innovazione, davvero sgancia l’Avvocato dal recinto di regole sovente troppo paludate.

Basti pensare che – pur a fronte delle stringenti decisioni del CNF – già da molti anni quasi tutti gli studi legali di maggior rilievo, in particolare quelli d’affari e del grande contenzioso, ottengono comunque pubblicità per il tramite del giornalismo economico-giuridico.
E una nota rivista, espressamente dedicata a tale settore forense, da tempo pubblica persino le notizie relative al passaggio di un legale da uno studio ad un altro o all’assegnazione dei mandati.
Tutta farina del sacco di chi scrive gli articoli?

Ancora non definitivamente risolta la disputa su se l’Avvocato sia o no, ovvero in che misura, assimilabile all’imprenditore puro, l’opportunità di proporsi al mercato (parola che non uso volentieri) con tutte le possibili forme di comunicazione bussa comunque imperiosamente alle nostre porte.

Quanto al caso della pubblicità su un autobus, il parere che brevemente si annota spiega, condivisibilmente, che “…né la normativa di cui all’art. 10 L. 247/2012 né i precetti del codice deontologico consentono di escludere tale forma di pubblicità informativa posto che la nuova legge professionale ha ribadito per gli avvocati il principio di una tendenziale libertà di informare nel modo più opportuno. Nel medesimo senso dispone l’art. 17 del nuovo Codice Deontologico, in corso di pubblicazione. Tale apertura alle nuove forme di pubblicità informativa, e quindi anche alle relative modalità di veicolazione, comporta sostanzialmente la libertà di utilizzare qualsiasi mezzo, nel rispetto dei limiti previsti dal suddetto art. 10″.

Aggiunge il CNF che tali limiti “….attengono, in particolare: a) all’oggetto dell’informazione, che deve limitarsi all’oggetto dell’attività professionale, alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale, all’organizzazione dello studio e alle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti (art. 10, commi 1 e 3); b) alle caratteristiche dell’informazione, che deve essere trasparente, veritiera, corretta e non deve essere comparativa con altri professionisti, equivoca, ingannevole, denigratoria o suggestiva (art. 10, comma 2).

Il pronunciamento è davvero degno di nota non solo per ciò che afferma esplicitamente, ma soprattutto per ciò che afferma implicitamente, poichè con esso non si fa alcun ricorso ai canoni generali di “dignità, probità e decoro” di cui all’art. 5 del vigente codice deontologico forense e all’art. 9 di quello, nuovo, in corso di pubblicazione.
Canoni generali che hanno spesso costituito nelle decisioni degli organi disciplinari la chiave somma di valutazione della condotta e che, per la loro intrinseca elasticità, risultano spesso generici al punto che l’Avvocato è cautelativamente costretto ad astringersi ad uno stile di rigidissima chiusura alle innovazioni, spesso eccessivo ed avulso dalla realtà del mercato dei servizi forensi.

Pur con il caveat che conclude il parere, secondo cui “resta ferma l’autonomia del COA nella valutazione dei concreti elementi della fattispecie”, va sottolineato che è dunque lecita, come risulta dal quesito del COA di Ancona cui il CNF positivamente risponde, la pubblicità effettuata “aderendo ad un progetto di pubblica utilità denominato “progetto mobilità garantita”, concretizzandosi tale fattispecie nel noleggio di uno spazio pubblicitario sulla superficie di un automezzo (pulmino od autobus) attrezzato per il trasporto di anziani, diversamente abili o persone con difficoltà motorie, ove collocare il logo ed i recapiti dello studio professionale”.

Credo che il sogno di ogni Avvocato sia quello di non avere bisogno della pubblicità e sono certo che molti studi, anche di altissimo livello, non la faranno mai, tuttavia molte sono le ragioni che nei prossimi anni indurranno i più ad esternare con ogni forma, all’utenza potenziale, il contenuto dei propri servizi: in ciò il parere in esame costituisce già una bussola preziosa, che indica con coraggio la liceità di ogni mezzo di comunicazione, ma con altrettanta decisione i limiti di contenuto del messaggio pubblicitario.

L’auspicio di chi scrive è che in ogni caso l’Avvocatura italiana non perda mai, nell’utilizzare la comunicazione pubblicitaria, la dignità che deve assolutamente caratterizzarne l’immagine e la sostanza professionali, anche alla luce della funzione costituzionale che riveste, evitando così di meramente confondersi con gli operatori economici commerciali.

[Armando Argano - 8 settembre 2014]

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