Sui poteri del sostituto del difensore della parte civile – Cass. pen., Sez. feriale, 23 agosto 2013 n. 35486

Il soggetto al quale il danneggiato dal reato abbia conferito procura speciale per la costituzione di parte civile non può delegare tale attività, salvo che la procura preveda espressamente una simile facoltà; al contrario, il difensore della parte civile, investito della rappresentanza tecnica, può nominare un sostituto anche se la procura alle liti rilasciatagli non contenga alcuna previsione al riguardo (derivandogli il relativo potere direttamente dall’art. 102 c.p.p.) e il sostituto ha facoltà di svolgere in dibattimento ogni attività e, quindi, di depositare l’atto di costituzione, partecipare al giudizio e presentare le conclusioni, in luogo del sostituito, a prescindere dal fatto che questi si sia costituito anche parte civile come procuratore speciale della persona offesa (fattispecie in cui l’atto di costituzione era stato sottoscritto dall’avvocato procuratore speciale della parte civile, ma era stato depositato in udienza dal sostituto processuale: la Corte ha precisato che ciò non comporta che questi abbia esercitato il diritto sostanziale attribuito al solo difensore procuratore speciale). [AA]

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente -
Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere -
Dott. GRASSO Giusepp – Consigliere -
Dott. PATERNO’ RADDUSA Benedet – Consigliere -
Dott. LIGNOLA – rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da: A.A. N. IL (OMISSIS); A.G. N. IL (OMISSIS); D.M.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 9993/2012 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di SALERNO, del 23/11/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LIGNOLA FERDINANDO;
Letta la requisitoria scritta del Procuratore generale della Corte di cassazione, Dott. D’ANGELO Giovanni, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 23 novembre 2012, depositata il 7 dicembre 2012, il G.U.P. del Tribunale di Salerno applicava ad A.A. nato il (OMISSIS), A.G., A.A. nato il (OMISSIS) e D.M.M., la pena rispettivamente richiesta dagli imputati, per reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e preferenziale e di bancarotta impropria, dettagliatamente descritti nella rubrica della sentenza e rispettivamente contestati, relativi alla “Antonio Amato & C. Molini e Pastifici” s.p.a., dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Salerno del 21.1.2011, nonchè ad altre società ad essa collegata, quali l’Amato Re s.r.l., specificate nel capo di imputazione.

2. Contro la sentenza hanno presentato ricorso D.M.M., A.G. ed A.A. classe (OMISSIS).

2.1 Il difensore di D.M.M., avv. Cecchino Cacciatore, con ricorso del 13 dicembre 2012, deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. B e C, in relazione all’art. 444 c.p.p., comma 2, con riferimento alla liquidazione delle spese in favore della parte civile Antonio Amato s.p.a., per vizio di motivazione, essendo operato in sentenza un mero richiamo alla tariffazione vigente e non un’analisi delle singole voci riferibili all’attività svolta dal difensore di parte civile, tenuto conto del numero e dell’importanza delle questioni trattate, della tipologia ed entità delle prestazioni difensive, avuto riguardo ai limiti minimi e massimi fissati dalla tariffa vigente. Il ricorrente rileva altresì che la nota spese è stata presentata solo alla lettura del dispositivo di applicazione della pena, beneficiando del differimento dell’udienza di una settimana rispetto alla presentazione della richiesta, e dunque tardivamente.
Con un secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. B, C ed E, in relazione all’art. 133 c.p., poichè la pena di D.M. è stata determinata sulla base dei medesimi criteri utilizzati per gli altri imputati, pur essendo stato l’atteggiamento criminogeno del ricorrente molto meno rilevante e l’atteggiamento in fase di indagini ben più collaborativo.

2.1.1 Con nota del 12 aprile 2013 il difensore dell’imputato D. M. ha presentato dichiarazione di rinuncia all’impugnazione.

2.2 Il difensore di A.G., avv. Carmine Giovine, con ricorso del 21 dicembre 2012, deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. C ed E, in relazione agli artt. 74, 76, 102 e 122 c.p.p., con riferimento alla liquidazione delle spese in favore della parte civile fallimento Amato Re s.r.l., poichè la costituzione in giudizio è stata avanzata da soggetto non legittimato. All’udienza del 16 novembre 2011, infatti, in luogo dell’avv. Guarino Mario, procuratore speciale della parte, era presente un sostituto processuale, l’avv. Ferrari Antonio, per cui la parte civile andava estromessa dal giudizio. Il difensore ricorrente deduce altresì violazione dell’art. 606, comma 1, lett. B ed E, in relazione all’art. 444 c.p.p., R.D. n. 267 del 1942, artt. 216 e 219, poichè a suo giudizio le condotte contestate andavano qualificate come reati di bancarotta preferenziale e semplice, avendo l’imputato il solo scopo di favorire singole persone e non avendo deleghe.

2.3 Il difensore di A.A., avv. Sica Silverio, con ricorso del 16 gennaio 2013 deduce violazione di legge in relazione all’art. 76 c.p.p., poichè la costituzione di parte civile del fallimento Amato Re s.r.l. è avvenuta ad opera del sostituto processuale del procuratore speciale nominato dalla persona offesa, in assenza di quest’ultima, per cui la parte doveva essere estromessa; legittimato a costituirsi, infatti, è solo il procuratore speciale e non anche un suo sostituto, dotato solo dello ius postulandi e non anche della legittimano ad causam. Con un secondo motivo il difensore ricorrente deduce contrasto tra dispositivo e motivazione in merito alle statuizioni civili, poichè mentre nel primo gli imputati sono condannati al pagamento delle spese di costituzione in favore delle parti civili “rispettivamente costituite”, in dispositivo si distingue tra la Amato Re, costituita nei confronti dei tre imputati A., e la Amato s.p.a., costituita nei confronti del solo D. M..

3. Con memoria del 15/17 luglio 2013 il difensore della parte civile fallimento Amato Re s.r.l. deduce, con riferimento ai motivi riguardanti la costituzione in giudizio, che la procura speciale attribuita al difensore (allegata alla memoria) comprendeva anche la facoltà di “nominare sostituti”, sicchè questi poteva delegare anche la rappresentanza sostanziale; il difensore richiama in proposito una decisione della Quinta Sezione (Sez. 5^, n. 11954 del 08/02/2005, Marino, Rv. 231713), secondo la quale “il soggetto al quale il danneggiato dal reato abbia conferito procura speciale per la costituzione di P.C. può delegare tale attività, a condizione che la procura preveda espressamente una simile facoltà”. Quanto al motivo proposto dal difensore di A.G. riguardante la corretta qualificazione giuridica dei fatti, ne evidenzia la genericità; in ordine infine al secondo motivo proposto dal difensore di A.A., si conviene con il Procuratore Generale che il contrasto è solo apparente, poichè l’espressione già chiara del dispositivo è specificata in motivazione.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili.

1.1 Il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato D.M. è inammissibile per manifesta infondatezza.

1.2 Il difensore dell’imputato ha presentato dichiarazione di rinuncia all’impugnazione, ma in mancanza di sottoscrizione dell’imputato o di procura speciale al difensore, l’atto deve considerarsi inefficace, a nulla rilevando che lo stesso difensore abbia proposto l’impugnazione (Sez. 6^, n. 42181 del 27/11/2006, Ferrieri Caputi, Rv. 235302; Sez. 1^, n. 44612 del 16/10/2008, Frioni, Rv. 241569).

1.3 Il primo motivo è manifestamente infondato, poichè la determinazione delle spese di costituzione della parte civile è determinata con motivazione rispettosa dei principi affermati da questa Corte: le disposizioni di condanna alle spese processuali in favore della parte civile sono sottratte al sindacato di legittimità per l’aspetto della valutazione discrezionale in riguardo ai parametri di commisurazione della somma dovuta, fatto salvo il controllo circa il rispetto dei limiti minimi e massimi previsti dalla tariffa forense per i compensi professionali e circa l’adeguatezza della motivazione in riferimento alla gravità del processo e alla rilevanza della prestazione professionale (Sez. 6^, n. 25192 del 02/04/2012, Afloariel, Rv. 253104).

1.4 Anche il secondo motivo, relativo alla congruità della pena applicata, paragonata a quella degli altri imputati, è inammissibile, poichè per costante giurisprudenza la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti è da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 c.p.p., per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste e con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost., (Sez. 4^, n. 34494 del 13/07/2006, Koumya, Rv. 234824).

2. Il ricorso di A.G. è manifestamente infondato.

2.1 Quanto al primo motivo, relativo alla costituzione di parte civile del fallimento Amato Re s.r.l., avvenuta ad opera del sostituto processuale del difensore, non munito di procura speciale, non si attaglia al caso di specie l’invocata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la procura speciale conferita al difensore della parte civile non consente al sostituto del difensore, designato a norma dell’art. 102 c.p.p., di costituirsi in giudizio. Dall’atto di costituzione risulta la sottoscrizione dall’avv. Guarino, procuratore speciale del fallimento Amato Re s.r.l.; l’avv. Ferrari, sostituto processuale dell’avv. Guarino, si è limitato a depositare l’atto in udienza, ma ciò non comporta che abbia esercitato il diritto sostanziale attribuito al solo avv. Guarino.

Si ribadisce che il soggetto al quale il danneggiato dal reato abbia conferito procura speciale per la costituzione di parte civile non può delegare tale attività, salvo che la procura preveda espressamente una simile facoltà (Sez. 5^, n. 11954 del 08/02/2005, Marino, Rv. 231713); al contrario, il difensore della parte civile, investito della rappresentanza tecnica, può nominare un sostituto anche se la procura alle liti rilasciatagli non contenga alcuna previsione al riguardo, derivandogli il relativo potere direttamente dall’art. 102 c.p.p.; e il sostituto ha facoltà di svolgere in dibattimento ogni attività e, quindi, di depositare l’atto di costituzione, partecipare al giudizio e presentare le conclusioni, in luogo del sostituito, a prescindere dal fatto che questi si sia costituito anche parte civile come procuratore speciale della persona offesa.
Tali principi trovano evidentemente applicazione anche nel caso di specie, in cui il procuratore speciale nonchè difensore della parte civile è stato sostituito in udienza da altro avvocato; ne deriva che la costituzione di parte civile del fallimento Amato Re s.r.l. è ritualmente avvenuta.

2.2 Anche il secondo motivo, in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti, è manifestamente infondato, poichè nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti queste non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione. L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato.
Cosicchè, in questa prospettiva, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli elementi di cui all’art. 129 c.p.p. conformemente ai criteri di legge (Sez. U, n. 20 del 27/10/1999, Fraccari, Rv. 214637; Sez. 5^, n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539).

3. Il ricorso di A.A. è infine inammissibile per tardività. 3.1 Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 295 del 12/10/1993 – dep. 17/01/1994, Scopel, Rv. 195617) hanno rilevato che la sentenza di patteggiamento deve ritenersi emessa nel dibattimento (più precisamente, all’esito del dibattimento) solo nel caso in cui il P.M. non aderisse alla richiesta della parte (secondo la normativa all’epoca vigente) e la richiesta medesima venisse accolta dal giudice, appunto, all’esito del dibattimento: in tal caso il rito da seguire, ove la sentenza sia impugnata in cassazione, è quello della pubblica udienza. In tutti gli altri casi, invece, la sentenza non può ritenersi emessa nel dibattimento (o all’esito del dibattimento); “anzi, il fine proprio del procedimento speciale in questione è quello di evitare il dibattimento”, e, “se la sentenza è impugnata per cassazione, il ricorso va deciso in camera di consiglio, a norma dell’art. 611″. Da tale puntualizzazione deve desumersi che la sentenza di patteggiamento può ritenersi dibattimentale solo quando, in esito al dibattimento medesimo, il giudice applichi la disciplina in questione; in tutti gli altri casi la sentenza deve ritenersi emessa in camera di consiglio.
Di conseguenza il termine di impugnazione della sentenza di patteggiamento emessa a norma dell’art. 448 c.p.p., comma 1, è di quindici giorni.

3.2 Con specifico riferimento alla sentenza di non luogo a procedere di cui all’art. 425 c.p.p., emessa nell’udienza preliminare, le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249670) hanno precisato che il termine di impugnazione è quello di quindici giorni e decorre, per le parti presenti, dalla lettura in udienza della sentenza contestualmente motivata ovvero dalla scadenza del termine legale di trenta giorni (art. 424 c.p.p., comma 4), in caso di motivazione differita e depositata entro tale termine, rimanendo irrilevante l’eventualità che il giudice abbia irritualmente stabilito un termine più ampio per il deposito della suddetta motivazione.
Orbene, il principio enunciato con la decisione appena citata delle Sezioni Unite -pur se relativo ad una concreta fattispecie di sentenza di non luogo a procedere -deve chiaramente ritenersi applicabile, stante la eadem ratio, anche a qualsiasi altra sentenza camerale e, dunque, anche alla sentenza di patteggiamento; che pertanto, avendo il giudice dato lettura del dispositivo ed avendo depositato la motivazione nel termine di legge, andava impugnata entro 15 giorni (art. 585, comma 1, lett. A) dalla scadenza del termine per il deposito della sentenza (art. 585, comma 2, lett. C).
All’imputato, non comparso in udienza, che abbia rilasciato procura speciale al difensore per definire il procedimento con l’applicazione di pena concordata, non deve essere notificato l’estratto della sentenza così pronunciata (Sez. 1^, n. 36665 del 18/09/2012, Delogu, Rv. 253705), nè può farsi luogo alla declaratoria di contumacia, sicchè l’eventuale dichiarazione di contumacia resta priva e di effetti, la lettura della sentenza equivale a notificazione e da essa decorre il termine per proporre impugnazione (Sez. 1^, n. 14015 del 07/03/2008, Pizzo, Rv. 240140).

3.3 Nel caso di specie la sentenza è stata pronunciata il 23 novembre 2012 ed è stata depositata tempestivamente il 7 dicembre 2012; pertanto il termine per proporre ricorso, pari a 15 giorni decorrenti dall’8 dicembre 2012, veniva a scadenza il 23 dicembre 2013.
Il ricorso di A.A., depositato in data 16 gennaio 2013, è pertanto intempestivo.

4. In conclusione tutti i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

4.1 Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, di diritto, la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost, sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in Euro 1000,00 ciascuno alla Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comma 1.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 6 agosto 2013.

Depositato in Cancelleria il 23 agosto 201

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