Sulla cosiddetta “continuazione fallimentare”: il concorso materiale di bancarotta per distrazione e documentale [Cassazione Penale, Sez. V,. pen., Sez. V, 16 febbraio 2015 n. 6777]

Le diverse ipotesi di bancarotta mantengono la propria autonomia ontologica, diversi essendo gli interessi tutelati dalle norme incriminatrici e potendo così dare luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219 comma 2 n. 1 Legge Fallimentare, il quale prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante potenzialmente assoggettabile al giudizio di bilanciamento, e nel contempo impone una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 c.p.. [AA]

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente -
Dott. SETTEMBRE Antonio – Consigliere -
Dott. MICHELI Paolo – Consigliere -
Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere -
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da: I.V. N. IL [omissis];
avverso la sentenza n. 5201/2012 Corte Appello di Milano del 05/02/2013;

visti gli atti, la sentenza, il ricorso e al memoria depositata nell’interesse dell’imputato;
udita in pubblica udienza del 11/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Delehaye Enrico, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. L. il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso, seguendo l’intervento processuale.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 05/02/2013 la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado, che aveva ritenuto I. V. responsabile dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, per avere, nella qualità di amministratore di fatto di una s.r.l. dichiarata fallita il [omissis], distratto la somma di L. 57.272.313, pari alla liquidità di cassa non consegnata al curatore, e tenuto le scritture contabili in modo da non rendere possibile l’individuazione della destinazione impressa all’importo sopra indicato.

2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamentano vizi motivazionali, per avere la Corte territoriale sanzionato due volte il medesimo fatto, diversamente qualificandolo.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione della L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, per avere la sentenza impugnata operato un bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e la pluralità di fatti di bancarotta, che, nella previsione di cui alla norma citata, che si traduce nell’unificazione, a fini sanzionatori, di una pluralità di fattispecie.

3. Nell’interesse del ricorrente è stata depositata memoria con la quale si insiste per l’accoglimento dei due motivi di ricorso.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, giacchè le condotte contestate all’imputato sono distinte nella loro materialità – la utilizzazione di somme di pertinenza della società per finalità estranee all’attività di impresa, da un lato, e mancata registrazione nella documentazione contabile della destinazione impressa a tali somme, in modo da non consentire la ricostruzione delle vicende economiche dell’ente fallito – e differenziate nella loro offensivita rispetto ai beni giuridici protetti dal legislatore attraverso la previsione di autonome fattispecie illecite.
Ed invero, con la bancarotta per distrazione si intendono sanzionare condotte che si traducono in un depauperamento che pone in pericolo l’interesse dei creditori al soddisfacimento delle proprie ragioni, laddove nella bancarotta documentale assume rilievo l’interesse dei creditori alla chiara rappresentazione della situazione patrimoniale ed economica del soggetto debitore.

Quanto, infine, al cenno – contenuto nella memoria – alla idoneità delle risultanze contabili a consentire di individuare la distrazione, osserva la Corte che il reato di bancarotta documentale sanziona la condotta dell’imprenditore che tenga i libri e le scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Ne discende che, nel caso di specie, ciò che si imputa al ricorrente è di non avere contabilmente registrato la destinazione impressa alla somma non rinvenuta, talchè il fatto che la voce relativa alla cassa registrasse l’importo distratto non ha alcun rilievo rispetto alla configurabilità del reato contestato.

2. Infondato è il secondo motivo, in quanto la configurazione, sotto il profilo formale, della c.d. continuazione fallimentare, di cui alla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, quale circostanza aggravante, ne comporta l’assoggettabilità al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti (Sez. 5, n. 21036 del 17/04/2013, Bossone, Rv. 255146; si veda, altresì, Sez. 5, n. 23275 del 29/04/2014, Gurgone, Rv. 259846, secondo cui, in tema di patteggiamento, è illegittima per erronea qualificazione giuridica del fatto la decisione con cui il giudice applica la pena richiesta dalle parti in relazione a più fatti di bancarotta commessi nell’ambito del medesimo fallimento, unificando gli stessi sotto il regime della continuazione previsto dall’art. 81 c.p., comma 2, invece di ritenere configurabile la circostanza aggravante prevista dalla L. Fall., art. 219, comma 2, n. 1, potenzialmente assoggettabile al giudizio di bilanciamento).

Al riguardo, va rilevato che le Sezioni Unite hanno di recente affermato come, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengano la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dalla L. Fall. , citato art. 219, comma 2, n. 1, disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 c.p. , (Sez. Un., n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249665).
Nell’occasione, però, le Sezioni Unite hanno anche precisato che la disposizione menzionata “postula l’unificazione quoad poenam di fatti – reato autonomi e non sovrapponibili tra loro, facendo ricorso alla categoria teorica della circostanza aggravante, della quale presenta sicuri indici qualificanti: a) il nomen iuris, “circostanze”, adottato nella rubrica; b) la generica formula utilizzata per individuare la variazione di pena in aggravamento (“le pene… sono aumentate”), la quale implica il necessario richiamo all’art. 64 cod. pen. , che è l’unica disposizione che consente di modulare la detta variazione sanzionatola”, aggiungendo altresì come sia “indubbio che, sul piano formale, si è di fronte a una circostanza aggravante”.

3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2015

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