Quale giudice di stato membro dell’Unione Europea deve decidere sul mantenimento dei figli se questi vivono all’estero? – Cassazione Civile Sezioni Unite (ordinanza) 7 aprile 2014 n. 8049

Al fine di assicurare un’interpretazione uniforme, deve essere chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di indicare quale sia il criterio da applicarsi, per la determinazione della giurisdizione, al caso della domanda volta a conseguire la corresponsione del mantenimento dei figli, stabilmente residenti in Gran Bretagna, avanzata – in quanto domanda accessoria – nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi proposto in Italia: in particolare deve essere chiarito se la domanda di mantenimento possa essere decisa, sulla base del criterio della prevenzione, sia dal giudice della separazione coniugale, sia da quello davanti al quale è pendente ex art. 8 Regolamento CE 2201/2003 il giudizio attinente alla responsabilità genitoriale, ovvero se debba necessariamente essere delibata dal quest’ultimo, risultando alternativi – nel senso che l’uno esclude necessariamente l’altro – i due distinti criteri indicati nell’art. 3, lett. c) e d) del Regolamento CE 4/2009. [SP]

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Primo Presidente f.f. -
Dott. RORDORF Renato – Presidente Sez. -
Dott. PICCININNI Carlo – rel. Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere -
Dott. NAPOLITANO Giuseppe – Consigliere -
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere -
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere -
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere -
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da: A.E., elettivamente domiciliato in Roma, P. Augusto Imperatore 22, presso l’avv. POTTINO GUIDO, che con l’avv. Carlo Rimini lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
- ricorrente -

contro

P.A., elettivamente domiciliata in Roma, via della Balduina 7, presso l’avv. TROVATO CONCETTA MARIA RITA, che con l’avv. Sandro Callegaro la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -

avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano emessa nel procedimento n. 14088/12 in data 16.11.2012;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25.2.2014 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni;
Udito l’avv. Callegaro per P.;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte.

Svolgimento del processo

1. Con ricorso del 28.2.2012 A.E. ha chiesto al Tribunale di Milano di pronunciare la separazione nei confronti della moglie P.A., con addebito a quest’ultima, e di disporre l’affidamento condiviso dei figli minori con collocazione presso la madre, offrendo inoltre un contributo mensile di Euro 4.000 per il mantenimento, di questi ultimi.

2. P.A., costituitasi in giudizio, chiedeva a sua volta la separazione dal marito con addebito a suo carico ed il riconoscimento di un assegno mensile a proprio favore di Euro 18.700, deducendo però la carenza di giurisdizione del giudice italiano “per quanto attiene il regime di affidamento, collocazione, frequentazione e contributo al mantenimento dei minori” (p. 1), essendo viceversa ravvisabile la giurisdizione del giudice inglese ai sensi del Reg. CE 2201/2003, “dal momento che i coniugi hanno sempre vissuto a Londra, dove pure sono nati e risiedono i figli minori” (p. 2).

3. Il tribunale riteneva indiscutibile la giurisdizione del giudice italiano “sulla proposta istanza di separazione personale” (p. 2), dovendo trovare applicazione l’art. 3 Reg. CE 2001/2003 e la L. n. 218 del 1995, art. 31, che avrebbero deposto nel senso indicato.
Attribuiva invece alla giurisdizione del giudice inglese le domande relative alla responsabilità genitoriale sui minori ai sensi dell’art. 8 del citato Regolamento, essendo l’Inghilterra lo Stato in cui essi abitualmente risiedono.
Riteneva infine che per le questioni patrimoniali del mantenimento dei coniugi e dei minori dovesse farsi riferimento al Regolamento CE n. 4/2009, e segnatamente all’art. 3, che indica quale criterio di collegamento per l’individuazione dell’autorità giurisdizionale deputata alla definizione delle relative controversie quello del giudice competente a conoscere delle azioni attinenti allo stato delle persone (lett. c) o alla responsabilità genitoriale (lett. d), quando la domanda concernente il riconoscimento di obbligazione alimentare sia accessoria alle dette azioni.

4. Sulla base di tali premesse il tribunale ha dunque conclusivamente ritenuto di essere competente a decidere sulla domanda di mantenimento formulata dalla moglie, per essere questa accessoria all’azione di stato, ma di non poter decidere sulla richiesta di mantenimento dei figli minori, per essere detta domanda “accessoria non all’azione di status, ma alla responsabilità genitoriale, per la quale sussiste la giurisdizione dell’Autorità inglese” (p. 2).

5. Avverso la declinatoria di giurisdizione del giudice italiano A. ha proposto ricorso per regolamento affidato ad un solo motivo, poi ulteriormente illustrato da memoria, cui ha resistito P. con controricorso.

6. La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’adunanza del 25.2.2014, previa acquisizione del parere del Procuratore Generale di questa Corte, che concludeva per l’affermazione della giurisdizione dei giudice del Regno Unito.

Motivi della decisione

7. Con il solo motivo di ricorso A. ha sollecitato declaratoria di giurisdizione del giudice italiano anche per le domande concernenti il mantenimento dei figli e l’assegnazione della casa coniugale, sostenendo che “il criterio di collegamento giurisdizionale di cui all’art. 3, lett. c) del Regolamento UE n. 4/2009 deve ritenersi applicabile anche alle obbligazioni relative al mantenimento dei figli minori accessorie all’azione di separazione fra coniugi” (p. 8) e che l’erroneità della statuizione del giudice del merito deriverebbe da una non condivisibile interpretazione del citato art. 3.

8. La detta disposizione stabilisce infatti che sono competenti a pronunciarsi in materia di obbligazioni alimentari negli Stati membri: l’autorità giurisdizionale del luogo di residenza abituale del convenuto (lett. a); l’autorità giurisdizionale del luogo di residenza abituale del creditore (lett. b); l’autorità giurisdizionale competente in ordine ad un’azione relativa allo stato delle persone, quando la domanda relativa ad obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione, salvo che la domanda sia basata esclusivamente sulla cittadinanza di una delle parti (lett. c); l’autorità giurisdizionale competente a decidere su domanda concernente la responsabilità genitoriale, nel caso in cui la domanda di riconoscimento di obbligazione alimentare sia accessoria a detta azione, sempre che la competenza non sia esclusivamente fondata sulla cittadinanza di una delle parti (lett. d).

9. Secondo il ricorrente, dunque, il giudice del merito avrebbe erroneamente interpretato l’art. 3 oggetto di esame, poichè aveva a torto ritenuto che il giudice italiano, pur competente a decidere sulla richiesta di mantenimento della moglie trattandosi di domanda accessoria all’azione di stato (lett. c), non fosse viceversa competente a decidere sulla domanda di mantenimento in favore dei figli minori, in quanto quest’ultima domanda sarebbe stata accessoria non ad azione di stato, ma a quella attinente la responsabilità genitoriale (lett. d).

10. L’errore del tribunale, a dire dell’ A., sarebbe dunque consistito nell’aver attribuito al criterio contemplato nella lettera d) dell’art. 3 una funzione limitativa rispetto all’ambito di applicazione del criterio dettato con la lettera c), mentre invece “tutti i criteri di collegamento giurisdizionale contemplati nel menzionato articolo 3 devono considerarsi come criteri fra loro alternativi, essendo tutti autonomi criteri di collegamento idonei a fondare la giurisdizione del giudice adito” (p. 11).

11. Sulla base di tale premessa sarebbe conseguentemente individuabile nella specie la giurisdizione del giudice italiano, poichè i provvedimenti relativi al mantenimento dei figli sarebbero fisiologicamente connessi al giudizio di separazione, mentre la regolamentazione della concorrente giurisdizione del giudice inglese troverebbe attuazione “alla luce del criterio della prevenzione espressamente recepito dall’art. 12″ (p. 15).
La soluzione prospettata varrebbe inoltre a soddisfare il principio di economia processuale, favorirebbe l’opportunità di consentire la trattazione unitaria di vicende maturate in un medesimo contesto, sarebbe infine in sintonia con la normativa Europea in tema di “giurisdizione in materia di separazione e divorzio e in relazione alle questioni connesse” (p. 20).

12. La delibazione della controversia presuppone quindi la definizione dei rapporti intercorrenti tra l’art. 8 del Regolamento CE n. 2201/2003 e l’art. 3 del Regolamento CE n. 4/2009, rispetto ai quali non risultano esservi precedenti specifici della Corte di giustizia.

13. Neppure questa Corte ha per vero affrontato specificamente la detta questione, pur avendo affermato in analoga controversia un principio che, se ritenuto applicabile anche al caso di specie, ben potrebbe costituire un parametro idoneo per la individuazione dell’organo giurisdizionale deputato a decidere sulle domande di A. relative ai figli minori (C. 11/30646).
Con la citata decisione è stato infatti affermato che, per le domande relative all’affidamento dei figli ed al loro mantenimento, pur se proposte congiuntamente a quelle di separazione giudiziale, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento 2201/2003 la giurisdizione appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente, e ciò in ragione dell’interesse superiore del minore, che più ragionevolmente e convenientemente può essere soddisfatto privilegiando il criterio della vicinanza.
Ove dunque si condividesse l’individuazione della “ratio” della norma nell’interesse del minore e nella conseguente necessità di assicurare la maggiore vicinanza di quest’ultimo al giudice per consentire più tempestivi ed incisivi interventi, dovrebbe escludersi la forza attrattiva della giurisdizione della domanda di separazione rispetto ad ogni eventuale questione relativa all’affidamento dei figli, esclusione che nella specie determinerebbe incontestabilmente la giurisdizione del giudici del Regno Unito sulle condizioni di affidamento e di mantenimento dei figli minori.

14. Tuttavia il ricorrente ha al riguardo puntualmente e correttamente precisato che con la sopra richiamata ordinanza n. 30646 è stata affrontata la questione relativa all’interpretazione del Regolamento 2201/2003 del 27.11.2003 (in tema di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale), nella parte relativa all’individuazione del giudice munito di giurisdizione sulle domande concernenti la responsabilità genitoriale proposte unitamente al giudizio di separazione fra i coniugi, ma non è stato in alcun modo considerato il rapporto fra l’art. 3, lett. c) e d), del Regolamento 4/2009 (avente ad oggetto la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione delle decisioni, la cooperazione in materia di obbligazioni alimentari) , che risulta applicabile al caso di specie e che propone una pluralità di criteri di collegamento interpretati dal tribunale restrittivamente, nel senso che l’applicabilità di uno di essi escluderebbe necessariamente l’applicabilità dell’altro.

15. Secondo A., però, l’interpretazione della norma in questione offerta dal tribunale, che ha ritenuto applicabile alle domande relative al mantenimento dei figli soltanto la lettera d) del citato articolo 3, sarebbe errata perchè in contrasto con il dato testuale, dal quale non sarebbe stata desumibile la detta esclusione.
Il silenzio sul punto del legislatore, che a dire del ricorrente avrebbe avuto al contrario ragionevole motivo per indicare chiaramente tale scelta, indurrebbe dunque a ritenere forzata e non condivisibile l’interpretazione data alla norma dal giudice del merito.
Per di più la detta conclusione sarebbe rafforzata dal collegamento risultante dalla formulazione della norma fra le ipotesi delineate alla lett. c), e quelle richiamate alla lettera d), ipotesi collegate dalla congiunzione disgiuntiva “o”, che comproverebbe l’introduzione di più criteri alternativi e concorrenti di competenza giurisdizionale per le azioni alimentari.
L’alternatività dei criteri di collegamento determinerebbe quindi la possibilità di individuare più giudici contemporaneamente competenti in ordine ad una medesima domanda ed i potenziali conflitti sarebbero componibili facendo ricorso al criterio della prevenzione.
Da ciò discenderebbe che nella specie la giurisdizione dovrebbe essere attribuita al giudice nazionale.

16. Osserva il Collegio che, fermo restando il disposto dell’art. 8 del Regolamento 2201/2003, per il quale le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore se questi risiede abitualmente in quello Stato, il ricorso pone un problema di coordinamento fra il detto articolo e l’art. 3, lett. c) e d) del Regolamento 4/2009, da una parte (attesa la parziale sovrapponibilità delle ipotesi ivi considerate) e, dall’altra, all’interno del dettato del detto art. 3 fra le due ipotesi di cui alle lett. c) e d), non essendo chiaro se quest’ultima debba limitare o meno l’ambito di applicazione della prima (con l’ulteriore non marginale effetto della frammentazione o della concentrazione della trattazione delle diverse questioni prospettate).

17. Per la corretta decisione del regolamento di giurisdizione di cui questa Corte è investita occorre dunque dare risposta agli esposti interrogativi, che involgono questioni interpretative dei Regolamenti 2201/2003 e 4/2009 e che per di più incidono significativamente su aspetti di carattere sostanziale, quali quello della maggiore tempestività di definizione di un solo giudizio in cui siano trattati congiuntamente profili di interesse sia dei genitori che dei figli minori, e quello di consentire al giudice la migliore conoscenza della situazione patrimoniale dei coniugi, in vista della successiva immediata adozione dei provvedimenti di competenza in tema di definizione e quantificazione degli obblighi di mantenimento.

La necessità di assicurare un’interpretazione uniforme della normativa di interesse all’interno dell’Unione Europea induce dunque a rivolgere alla Corte di Giustizia il seguente quesito: se la domanda di mantenimento dei figli proposta nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi, essendo accessoria a detta azione, possa essere decisa sia dal giudice del giudizio di separazione che da quello davanti al quale è pendente il giudizio attinente alla responsabilità genitoriale, sulla base del criterio della prevenzione, ovvero debba necessariamente essere delibata da quest’ultimo, risultando alternativi (nel senso che l’uno esclude necessariamente l’altro) i due distinti criteri indicati nelle lettere c) e d) del più volte citato art. 3.

P.Q.M.

La Corte, letto l’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, chiede alla Corte di Giustizia della Unione Europea di pronunciarsi in via pregiudiziale sulle questioni indicate in motivazione. Ordina la sospensione del procedimento pendente dinanzi a sè e dispone che copia della presente ordinanza venga trasmessa alla Cancelleria della Corte di Giustizia.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2014

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